Legnini al Csm: non sono il braccio del governo

L’avvocato abruzzese si appresta a lasciare l’incarico da sottosegretario: non sono iscritto al partito dei giudici

PESCARA. «Non sono certo iscritto al partito dei giudici, né sono il braccio del governo». Fresco dell’elezione come menbro laico del Csm, l’avvocato abruzzese Giovanni Legnini, il più votato finora per palazzo dei Marescialli, affida a Repubblica le sue valutazioni in merito al suo nuovo incarico. «Sarei il normalizzatore di palazzo Chigi per il Csm? Ma io non sono già più un uomo del governo...». Legnini, il più votato finora per palazzo dei Marescialli con i suoi 524 consensi, come ricorda il quotidiano di via Cristoforo Colombo, sta per lasciare la sua stanza da sottosegretario al primo piano del ministero dell’Economia.

«Sono emozionato, certo, perché quest’indicazione mi è caduta addosso inaspettata. Non ci pensavo proprio. È stata una sorpresa. Ma sono tranquillo». Sui giornali della mattina, che ha letto di buon ora come fa sempre, c’è traccia del dubbio più forte dei giudici, essere uno fuori dal dibattito sulla giustizia. «Sarebbe il mio punto debole? Questo mi pare invece un punto di forza. Il Pd ha fatto una scelta azzeccata, perché nessuno mi può annoverare tra i nemici delle toghe, ma nemmeno come un iscritto al partito dei magistrati. Rispetto in modo sacrale la funzione, ma come riconosco l’autonomia e l’indipendenza della magistratura, del pari vedo lo stesso valoreper il Parlamento. Senza apparire ambizioso, e per la mia storia personale, mi sento un potenziale trait d’union tra la politica e la magistratura».

Già, la biografia di Legnini, l’uomo che il Pd ha indicato per guidare il futuro Csm. Se, naturalmente, i 16 togati che siedono a fianco degli 8 laici lo voteranno. A chi, in queste ore, gli ha detto “ma tu non sai niente di giustizia...” lui ha risposto «ti sbagli, basta conoscere la mia storia personale e politica per sapere che non è affatto così».

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