delitto fotocopia DUE ANNI FA A MARTINSICURO 

Lo ha freddato per una frase detta davanti ai clienti del bar

MARTINSICURO. Ucciso per vendicare l'offesa davanti ai clienti del bar. Il delitto fotocopia a quello di Montesilvano avviene due anni fa a Martinsicuro. E’ simile per la sproporzione tra la causa e...

MARTINSICURO. Ucciso per vendicare l'offesa davanti ai clienti del bar. Il delitto fotocopia a quello di Montesilvano avviene due anni fa a Martinsicuro. E’ simile per la sproporzione tra la causa e l’effetto. Anche in quel caso tutto parte da un’offesa che sfocia in rabbia omicida persino più cruenta. La vittima, infatti, viene raggiunta da più colpi: alla tempia, alla mascella e sotto a un braccio. E poi viene presa a calci quando è a terra già esanime. E' stato un agguato, una esecuzione di stile mafioso anche l’omicidio di Roberto Tizi, marchigiano di 35 anni. La pistola del killer spara tre volte. E poi quei calci sferrati con crudeltà sul corpo della vittima che forse era già senza vita. Per quel delitto, del 2015, vennero arrestate quattro persone: oltre ad Arjan Ziu, albanese di 51 anni reo confesso del delitto, anche suo fratello Michele, di 54 anni, e i figli di quest’ultimo, Rudy, di 27 anni, e Antonio, di 20. Arriviamo quindi al motivo che avrebbe spinto Ziu a freddare il 35enne Tizi: l’albanese voleva vendicarsi per le offese davanti ai clienti del bar. Il killer si era sentito deriso e oltraggiato. Così avrebbe chiamato a raccolta i parenti per organizzare una spedizione punitiva, spietata e armata. Per l’accusa, quei parenti, residenti tra Martinsicuro e San Benedetto, gli avrebbero fornito la pistola usata per assassinare il 35enne marchigiano. L’arma poi è stata nascosta in un posto che non è stato mai scoperto. Anche nel delitto di Martinsicuro c’è un supertestimone che aiuta gli investigatori a risolvere il caso. Sono infatti le dichiarazioni della convivente della vittima, presente durante la spedizione punitiva e ferita di striscio a un ginocchio, a indirizzare subito le indagini verso la famiglia albanese. E infine c’è un’ultima e determinante analogia che fa diventare i due delitti molto simili tra di loro. Sono state infatti le immagini registrate da un impianto di videosorveglianza della zona a riprendere i quattro presunti complici. Anche se quella telecamera, come del resto è accaduto a Montesilvano, non ha mai ripreso in volto il commando omicida. Ed ora rappresentano il motivo su cui accusa e difesa si stanno scontrando in appello dopo le condanne già inflitte in primo grado su cui spiccano i 18 anni di reclusione al principale imputato, Arjan Ziu.
I fatti sarebbero andati così: due ore prima del delitto ci sarebbe stata la lite nel bar. Una discussione molto accesa, sfociata in offese, sfottò e poi in un’aggressione fisica tra Tizi e Arjan Ziu. Secondo la ricostruzione dei carabinieri, l’italiano avrebbe colpito l'albanese. Ma questi ha rifiutato di essere portato al pronto soccorso dell'ospedale Val Vibrata con l’ambulanza del 118 chiamata sul posto. C’era infatti da organizzare la vendetta che si consuma appena due ore dopo e che non lascia scampo al 35enne marchigiano. Come è accaduto, nella notte tra venerdì e sabato, al giovane rom di Montesilvano, freddato con una fucilata in faccia un’ora dopo aver offeso il suo assassino. Che ha le ore contate. (l.c.)