Malati terminali, la casa gioiello non apre

Il moderno hospice è pronto da più di un anno, ma mancano medici e infermieri.

PESCARA. Hanno sfumature color salmone e tendine bianche alle pareti le dieci camere dell’hospice destinate ai malati di cancro in stato terminale. Nell’unità operativa di Terapia del Dolore dell’ospedale civile, reparto di Anestesia e Rianimazione, c’è persino un miniappartamento ampio e accessoriato per i piccoli pazienti inguaribili. Le stanze sono dotate tutte di tv al plasma, scrittoio, bagno e divano letto. Una struttura gioiello, pronta da più di un anno, ma che resta chiusa per assenza di medici e infermieri. «È dal 30 ottobre 2008», ammette il primario Giovanni Bosco, «che potrebbe essere operativa. La Regione ha bloccato le assunzioni e non si firmano contratti nemmeno a tempo determinato». Per andare a regime ci sarebbe bisogno «almeno di cinque medici e 14 infermieri».

Attualmente, i dottori sono due: Cristina Rebuzzi, responsabile dell’unità operativa, e Marisa Diodati, che si occupano anche di assistenza domiciliare. La legge 39 del 1999 prevede lo stanziamento di 200 milioni di euro per realizzare centri dedicati alle cure palliative. Nell’ambito di un programma su base nazionale, sono previsti 4 milioni di euro per l’Abruzzo. «Abbiamo speso 901 mila euro per l’hospice pescarese», sottolinea il manager Claudio D’Amario, «c’è il rischio concreto che si perda la parte restante dei fondi». Secondo il rapporto hospice 2006, all’interno della Penisola ci sono 140 centri, l’obiettivo è raggiungere 206 unità. Gli hospice sono strutture residenziali per pazienti terminali nati sul modello inglese. «Non sono luoghi di morte, ma strutture dedicate, alternative alle corsie tradizionali», spiega Cristina Rebuzzi. «Il piano sanitario è in fase di rientro», ribatte Lanfranco Venturoni, assessore regionale alla Sanità, «il malato di cancro non è come gli altri e tenerlo nelle corsie è un errore per sé e per gli altri degenti.

I centri di eccellenza sono inutili se non portano aumento di personale e servono solo a distribuire targhette. Nella nuova rete ospedaliera c’è bisogno di strutture destinate a questa patologia, al di là delle sedi territoriali delle Asl». Anestesia e rianimazione si snoda su 1.200 metri quadrati. A sette anni esatti dall’incendio del 2002 che mise fuori uso l’ala dell’ospedale, il reparto è stato riportato nel suo luogo originario. I lavori di ristrutturazione sono stati annunciati ieri: porteranno a un ammodernamento tecnologico e all’aumento dei posti letto, che passeranno da 12 a 16. «Spero che tra sei mesi il reparto entrerà in funzione», dice Bosco. Per il direttore generale D’Amario, invece, i tempi si allungheranno a 12 mesi.