Mare sporco, balneatori in rivolta «In fuga anche i clienti più fedeli»

I 23 titolari degli stabilimenti del consorzio Ciba denunciano un crollo delle presenze in spiaggia Un legale e un pool di esperti per accertare responsabilità delle istituzioni: verso la richiesta di danni?

PESCARA. La vicenda del mare sporco e le notizie sugli sversamenti di liquami nell’acqua, a causa della condotta rotta di via Raiale e sulla mancata applicazione, da parte del sindaco, dell’ordinanza con il divieto di balneazione all’altezza di via Balilla, nei primi di agosto, hanno prodotto danni incalcolabili alle attività turistiche. La conferma è arrivata ieri dai balneatori del consorzio Ciba che hanno denunciato perdite, rispetto all’anno scorso, tra il 30 e il 40 per cento, con punte anche del 50 per cento. «Le spiagge sono vuote», ha detto il presidente del consorzio delle imprese balneari dell’Adriatico Stefano Cardelli, titolare dello stabilimento Nettuno, «siamo ancora ad agosto, ma sembra ottobre per quanto riguarda le attività turistiche. Abbiamo ricevuto disdette anche dai clienti provenienti da fuori Pescara».

I balneatori sono arrivati al limite della sopportazione. «Sono vent’anni che si va avanti con il problema dell’inquinamento del mare», ha fatto notare il vice presidente del Ciba e titolare dello stabilimento Trieste Riccardo Ciferni, «in tutto questo tempo nessun amministratore pubblico ha fatto niente per risolverlo». Per questo il Ciba ha dato mandato esplorativo a un legale e a un pool di esperti, capitanati dall’avvocato Ernesto Torino Rodriguez, per approfondire ciò che è accaduto nelle ultime settimane e ricostruire in maniera dettagliata tutte le tappe che hanno portato all’attuale situazione di inquinamento del mare con danni incalcolabili all’economia turistica della città. Dopodiché, se verranno accertati dei responsabili, il consorzio deciderà se avanzare una richiesta di danni o meno. In proposito l’assemblea generale del Ciba, nei giorni scorsi, ha stilato un manifesto firmato da 23 stabilimenti balneari del litorale pescarese, sia a nord che a Porta Nuova. Si tratta di Plinius, Coralba, Circolo della vela, Tramonto, Nettuno, Trieste, Lido, Oriente, Apollo, Gilda, Sirenetta, Penelope, Zara, Croce del sud, Miramare, La prora, La Mila, 4 vele, Tortuga, Saturno, Pepito beach, Soleluna, Lido beach. «Il consorzio», si legge nel manifesto, «intraprenderà tutte le iniziative necessarie per fare in modo che si migliori questa situazione stucchevole, pericolosa e deprimente che, oltre a danneggiare gravemente la salute dei cittadini e dei pochi turisti che frequentano la nostra riviera, sta provocando seri e incalcolabili danni all’economia turistica pescarese». I balneatori non accusano, in particolare, l’attuale o le precedenti amministrazioni comunali. Parlano in generale di responsabilità delle istituzioni che avrebbero dovuto affrontare e risolvere il problema dell’inquinamento del fiume e del mare e non lo hanno fatto. Per questo tirano in ballo Regione, Provincia e Comune. «A nostro parere», ha osservato Cardelli, «l’inquinamento del mare è stato in gran parte causato dalla diga foranea, che ostacola il naturale deflusso del fiume, dal mancato funzionamento del sistema di depurazione e dagli scarichi abusivi». Riteniamo che sia indispensabile individuare tutti i fattori che hanno causato l’emergenza estiva e accertare le responsabilità di chi avrebbe dovuto vigilare per segnalare le criticità». «Solo attuando attività di risanamento e controllo», ha concluso Cardelli, «potremo affrontare con fiducia la prossima stagione estiva e restituire tranquillità ai cittadini e ai turisti».

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