Michetti, il Comune rischia la denuncia

A 3 anni dall’accordo, la sala dell’Aurum non è ancora disponibile ad accogliere le opere. Eredi pronti a chiedere i danni

PESCARA. Con il suo talento di scultore e artista, ha reso immortali personaggi della storia pescarese come Grazia la Marinara, figura degli anni Trenta proprietaria dello stabilimento Saturno descritta con la barba ispida, la voce rauca e l’abbigliamento femminile che al rientro con la barca da pesca si fumava il suo mezzo toscano, e ha regalato alla città opere come l’Elefante di piazza Salotto e la Stele di D’Annunzio divenute punti di riferimento di tutta la collettività. Eppure, nonostante accordi verbali e per iscritto, le opere che Vicentino Michetti ha donato alla sua Pescara sembrano non trovare spazio.

Un patrimonio di 83 pezzi tra quadri, sculture e disegni che nel 1995, quando l’artista fece la donazione al Comune, fu stimato intorno a 220 milioni di vecchie lire e che, «per concorde volontà dei contraenti», non appena ottenuta l’autorizzazione governativa al possesso dei beni da parte del Comune, sarebbe dovuto essere esposto «in una sala dedicata all’artista nel costituendo Museo di arte moderna». Invece, a distanza di 18 anni, le opere (45 disegni, un quadro e 37 sculture) sono sì nel Museo Colonna, ma nei suoi scantinati. Una circostanza che in questi ultimi anni ha animato la battaglia legale tra le quattro figlie di Michetti e le varie amministrazioni comunali che si sono succedute a quella del sindaco Pace e che nel febbraio 2011 sembrava essere arrivata a soluzione. Merito della transazione in cui, a fronte della rinuncia delle eredi di Michetti alla prosecuzione dell’azione giudiziaria nei confronti dell’amministrazione comunale citata in giudizio nel 2008 («sussistente l’obbligo di provvedere alla sistemazione unitaria di tutte le opere oggetto del contratto di donazione in un’apposita sala del museo di arte moderna dedicata allo scomparso artista»), il Comune si impegnava «entro e non oltre il termine essenziale di mesi dodici dalla sottoscrizione della convenzione» a collocare le opere donate da Michetti nell’ex Aurum. Non solo, nello stesso accordo le parti convenivano che i 45 disegni e il quadro “I miei genitori” sarebbero stati «esposti in via permanente all’interno dell’attuale sala degli Alambicchi da dedicare interamente allo scomparso artista» tanto da ridenominarla Sala Vicentino Michetti, mentre le 37 sculture avrebbero trovato adeguata collocazione all’ingresso dello stesso complesso e nella sala di rappresentanza.

«A distanza di quasi tre anni niente di tutto questo è stato fatto», tuona Laila Michetti che, dopo il sollecito via posta dello scorso maggio, con le sorelle Pasqualina, Alba Maria e Anna Rosaria si è rivolta per l’ennesima volta a un avvocato. E il legale delle eredi, Italo Spagnuolo VIgorita del foro di Napoli, ha diffidato l’amministrazione comunale (sindaco, direttore generale e segretario generale) «a voler dare immediata attuazione agli obblighi assunti con l’accordo transattivo del 9 febbraio 2011». In alternativa, scrive il legale, le eredi non solo si vedranno costrette a chiedere il risarcimento dei danni («il mancato tributo della propria città natale all’opera del defunto artista pescarese svilisce in modo significativo il valore delle opere ancora in possesso delle eredi, traducendosi in una ingiustificata lesione del patrimonio di queste») e a segnalare alla Procura regionale presso la Corte dei conti «i funzionari personalmente responsabili dell’aggravio di costi a carico dell’erario derivanti dalla stipula della transazione, dall’inadempimento agli obblighi assunti e dall’esperimento delle opportune azioni giudiziarie».

«Il Comune», riprende Laila Michetti, «non si può rimangiare gli impegni presi proponendoci collocazioni assurde, in locali di passaggio tra ascensori e montacarichi. Perché se le opere devono fare la fine di Grazia la Marinara, che doveva andare alla Madonnina e invece è in Comune quasi nascosta da una tenda verde, o come la Bambina giacente, nascosta dietro un albero del Museo Paparella, noi non ci stiamo. E andremo avanti, per la memoria di papà».

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