Pierfrancesco Muriana, ex capo della squadra mobile di Pescara

L'EX CAPO DELLA MOBILE IN PROCURA

Muriana interrogato per tre ore: su Rigopiano ho agito nel giusto 

Il dirigente di polizia indagato per calunnia nei confronti dei carabinieri forestali che investigarono sulla strage, si è difeso davanti ai pm Mantini e Sciarretta: «Era un mio dovere denunciare quei fatti»

PESCARA. Tre ore di interrogatorio, coperto da strettissimo riserbo, ieri mattina in procura per l'ex capo della squadra mobile di Pescara, Pierfrancesco Muriana, indagato per calunnia per un suo esposto contro i carabinieri forestali che indagarono sul disastro di Rigopiano: «Ero convinto di agire nel giusto e che fosse un mio dovere denunciare quei fatti», avrebbe detto in sintesi il dirigente di polizia.

Il palazzo di giustizia di Pescara
FACCIA A FACCIA CON I PM A distanza di oltre un mese dal tentativo di suicidio messo in atto dall'attuale dirigente della mobile di Manfredonia, avvenuto il 17 giugno scorso, proprio nel momento in cui in procura tutti lo attendevano per sostenere questo interrogatorio, questa volta Muriana si è presentato alle 11 di ieri mattina a Palazzo di giustizia, accompagnato dai suoi legali, gli avvocati Augusto La Morgia e Marco Spagnuolo, per comparire davanti al procuratore aggiunto Anna Rita Mantini e al sostituto Luca Sciarretta.
Un lungo faccia a faccia con i magistrati che hanno incentrato tutto sulla presunta calunnia contro i carabinieri forestali, senza mai neppure sfiorare la delicata questione del tentato suicidio, quasi a non voler riaccendere un faro su quel doloroso episodio che fortunatamente non ebbe un epilogo mortale (Muriana tentò di uccidersi con il gas di scarico della propria autovettura in una zona deserta di Francavilla al Mare e rimase alcuni giorni in ospedale a Chieti prima di tornare a casa con una prognosi di trenta giorni di riposo firmata dai medici del reparto di psichiatria).

I legali di Muriana Marco Spagnuolo e Augusto La Morgia
L’IPOTESI CALUNNIA Anche se quel gesto, che nessuno si sarebbe mai aspettato da un investigatore esperto e di esperienza come lui, è strettamente legato all'ipotesi della calunnia, visto che fu lo stesso Muriana a lasciare nella sua auto un biglietto dove precisava di essere «estraneo alla vicenda di Rigopiano» e che nulla sapeva di quella telefonata giunta al centro soccorsi, quindi facendo chiaramente capire che quel suo gesto era legato a doppio filo con l'inchiesta su Rigopiano.
Un interrogatorio lungo, come si diceva, dove i magistrati hanno lasciato spazio a Muriana per ricostruire un po' tutta la vicenda, partendo da quello che era appunto il punto nevralgico: le indagini sul disastro di Rigopiano dove persero la vita 29 persone.
Muriana avrebbe dunque cercato di chiarire le ragioni che in quel momento lo spinsero a stilare quell'esposto con il quale accusava tre carabinieri forestali di aver falsificato la relazione di un poliziotto, relativa a una telefonata di aiuto effettuata la mattina della tragedia, dal cameriere del resort, Gabriele D'Angelo (una delle 29 vittime), al centro operativo del Coc di Penne.
INVESTIGATORI SCAGIONATI Un esposto che si risolse in un'archiviazione in favore dei carabinieri indagati, richiesta dalla procura e avallata dal gip, che spiegava nel suo provvedimento come non esistessero elementi per sostenere l'accusa contro i forestali. Da qui la denuncia di uno dei carabinieri accusati ingiustamente che diede il via all'inchiesta per calunnia dalla quale si sta difendendo adesso Muriana.
I BROGLIACCI Insomma l'ex capo della mobile, per spiegare come abbia agito nel giusto in quel momento, convinto che ci fossero state delle manchevolezze da parte dei colleghi carabinieri forestali, ha voluto ripercorrere tutta la parte dell'indagine che lo aveva riguardato su Rigopiano, compresi i famosi brogliacci che proprio lui avrebbe dovuto acquisire dalla prefettura (ricordiamo che l'ex prefetto Francesco Provolo e altri sei prefettizi sono indagati per frode processuale e depistaggio in base alle indagini svolte dai carabinieri forestali e non dalla polizia che pure era delegata), ma che non gli vennero mai consegnati.
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