Omicidio di Vasto, i D’Elisa denunciano gli sciacalli del web

L’avvocato di Italo chiede alla procura di identificare le persone che hanno fomentato odio prima e dopo l’omicidio

VASTO. Corresponsabilità del web nell’istigazione al delitto, prima e dopo l’omicidio. La famiglia D’Elisa attraverso il proprio legale, l’avvocato Pompeo Del Re, invoca una giusta punizione contro i fautori della giustizia sommaria. Quelle persone che hanno terrorizzato con frasi minacciose Italo D’Elisa e istigato Fabio Di Lello a farsi giustizia. «Hanno ucciso Italo moralmente e psicologicamente, e poi aizzato Fabio Di Lello a divenire un giustiziere materiale», dice il legale. Per la famiglia D’Elisa i colpevoli di questa tragedia sono i fomentatori dell’odio. Papà Angelo lo ha urlato subito, dopo l’omicidio, davanti al cadavere del figlio. «Maledetti, lo hanno ucciso». Zio Alessandro lo ha ripetuto più volte pubblicamente.

«Fabio e Italo sono vittime di questa campagna di odio che è proseguita anche dopo la morte di Italo, con la creazione di due siti che fanno inorridire», ha detto il consigliere comunale Alessandro D’Elisa. Questa mattina, a mezzogiorno, è in programma l’incidente probatorio in tribunale. Il giudice acquisirà i tabulati telefonici di Fabio Di Lello e i suoi contatti sul Web. L’avvocato Pompeo Del Re chiederà l’identificazione degli istigatori. «Persone che hanno inventato moltissime circostanze, a cominciare dall’atteggiamento supponente di Italo D’Elisa, e le sfide a Fabio Di Lello. Circostanza impossibile, perché Italo dopo l’incidente mortale era tenuto lontano da Vasto», dice Del Re. «Italo subito dopo l’incidente ha cominciato a stare male. È stato in cura a Pozzilli. Da quando era tornato a Vasto aveva paura», afferma il legale. Di chi aveva paura Italo, e perché? «Aveva paura di essere aggredito da chi lo insultava e minacciava sul web. Lui e Fabio Di Lello non si conoscevano. Sono certo che se si fossero parlati, Fabio avrebbe capito chi era Italo».

 

Anche i genitori di Italo la pensano così. In attesa di un incontro, e considerate le condizioni di salute del figlio, Angelo e Diana D’Elisa erano contenti di saperlo impegnato nel ciclocross. «Anche il giorno dell’omicidio Italo era andato a Mottagrossa.Con la sua bici da cross aveva risalito la pista ciclabile. Alle 16,10 ha telefonato al padre per dirgli che era tornato, e che prima di rincasare sarebbe andato a bere qualcosa nel bar sotto casa, l’unico che frequentava», racconta Del Re. Alle 16,20 ha finito di parlare con il padre. Dieci minuti dopo si è avvicinato Fabio Di Lello. Non era armato. Ha detto qualcosa a Italo, che ha risposto, e Fabio è andato in auto a prendere la pistola. Ma cosa possono essersi detti? L’avvocato Del Re ha una propria ipotesi. «I due non si conoscevano. Di Lello avrà chiesto al mio cliente se fosse lui Italo D’Elisa. Alla risposta affermativa sappiamo tutti cosa è seguito».

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