I due fratelli di Alessandro Neri nell'auto al termine dell'interrogatorio da parte dei carabinieri

Omicidio Neri, i fratelli di Alessandro per 4 ore dai carabinieri / VIDEO

Ascoltato anche il padre e lo zio, dopo che  la madre era stata a lungo in Procura. Perquisita di nuovo la casa. Accertamenti patrimoniali e sui movimenti finanziari. E l’autopsia svela: il primo proiettile è entrato da un fianco. Non si esclude la lezione finita in tragedia

PESCARA. Sono stati sentiti per circa 4 ore nel pomerigio i fratelli di Alessandro Neri, il ragazzo di Spoltore ucciso con due colpi di pistola calibro 7,65 e trovato morto giovedì scorso in un canale alla periferia Sud di Pescara. Sono Massimiliano e Paolo jr, appena arrivati uno da Miami e l'altro da Dublino, che i carabinieri hanno voluto interrogare a una settimana dall'omicidio del fratello di 28 anni. I due sono stato sentiti con la speranza che potessero dare informazioni sul fratello e sulle sue frequentazioni e fornire elementi utili alle indagini. I fratelli Neri, accompagnati dal papà Paolo e dallo zio, hanno lasciato il Comando provinciale dei carabinieri evitando i giornalisti e i fotografi.

L'AMICO. In caserma, nel tardo pomeriggio, è arrivato anche un amico del 29enne che, concedendo pochi secondi ai cronisti, ha affermato: «Se Alessandro fosse stato ancora qui era meglio». «Sono tutte bugie», secondo lui, le ombre che avrebbero caratterizzato la vita di Alessandro Neri. «Lui era la linfa per le piante, fondamentale su ogni cosa, per noi amici che gli volevamo veramente bene. Ci dava la forza, la presenza soprattutto. Era sempre lì». Ai cronisti che gli chiedono quale possa essere l'ipotesi principale, l'amico del 29enne ha affermato che «non c'è una pista perché non può esserci, eppure è successo, ma non può esserci. Noi amici parliamo sempre, ma non riusciamo a capire. Non aveva nessun problema in famiglia. E' stata una fatalità che non possiamo capire. Uno che conosce Alessandro - ha sottolineato - può solo dargli un bacio in fronte e neanche uno schiaffo, mai». E poi: «Non so se conosceva il suo assassino o meno, ma se si conoscesse Alessandro non si riuscirebbe a torcergli neanche un cappello. Era una persona che non diceva mai di no, anche controvoglia. Avrebbe fatto tutto pur di rendere felice chi gli stava attorno».

IL PADRE E LO ZIO. Prima dei fratelli era stata la volta, sempre nella sede del Comando provinciale, del padre, e dello zio di Alessandro. Il padre del ragazzo, Paolo Neri, era già stato ascoltato diverse volte dagli inquirenti. Con lui anche il marito della sorella del padre del giovane. Ad una settimana esatta dal ritrovamento del corpo del giovane l'inchiesta va avanti senza sosta e non si esclude alcuna pista. I carabinieri sono anche tornati nella casa di Spoltore a cercare ulteriori elementi. Al momento non ci sono indagati.

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Omicidio Neri, i fratelli di Alessandro al termine degli interrogatori
Sono le 20 quando Massimiliano e Paolo jr Neri lasciano dopo quattro ore la caserma dei carabinieri in auto: al volante c'è il padre, accanto lo zio

Ieri c'era stata la svolta nelle indagini. Due macchine sequestrate in uso anche al cugino di Alessandro Neri, e perquisizioni negli immobili della famiglia Lamaletto (gli imprenditori del ramo materno) tra cui anche l’appartamento nella zona di piazza Salotto, la stessa zona dove era stata ritrovata la 500 rossa di Alessandro il 7 marzo, due giorni dopo la sua scomparsa, e poche ore dopo l’appello su Facebook della madre.

Sulla carta sembra stringersi il cerchio dei carabinieri del reparto Operativo e del Nucleo investigativo diretti dal colonnello Gaetano La Rocca e dal maggiore Massimiliano Di Pietro che conducono le indagini sull’omicidio del giovane di Spoltore di 28 anni. Ma in concreto si tratterebbe di accertamenti disposti dalla Procura (pm Valentina D’Agostino) finalizzati a sviscerare ogni pista. Anche quella che tira in ballo rancori mai sopiti tra Laura Lamaletto e la sua famiglia di origine. In particolare con il fratello Camillo, che dopo l’estromissione di Laura dall’azienda vitivinicola di famiglia nel 2015 ne prese le redini affidando l’attività imprenditoriale a suo figlio Gaetano junior. Il giovane con il quale Alessandro avrebbe avuto una discussione di recente e al quale ieri i carabinieri sono andati a sequestrare la Mercedes e la Audi Q7, rispettivamente in azienda ad Orsogna e a Giuliano Teatino, nella villa dove Gaetano junior vive con i nonni paterni.

Auto non di proprietà del giovane imprenditore, ma in uso a lui, alla famiglia e al personale di servizio che ieri pomeriggio, insieme ad altri componenti della famiglia sono stati sentiti dai carabinieri locali. Parallelamente, il Nucleo di polizia economico finanziario della Finanza diretto dal colonnello Michele Iadarola ha avviato anche accertamenti patrimoniali sui Lamaletto. Accertamenti che riguardano la storia patrimoniale e gli assetti societari dell’azienda fondata sulle colline di Orsogna dal magnate delle mattonelle in Venezuela Gaetano senior di ritorno dal Sudamerica nei primi anni Novanta; ma anche i movimenti finanziari dei componenti della società. Di Gaetano junior, dunque, che ha lasciato Pescara tra il 3 e il 4 marzo, il giorno prima della scomparsa del cugino Alessandro, per raggiungere con la moglie i genitori negli Stati Uniti, e dello stesso Camillo Lamaletto.

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Ma perché da ieri le due macchine dei Lamaletto sono sotto sequestro accanto alla 500 rossa di Alessandro, a disposizione dei Ris che hanno già esaminato l’utilitaria utilizzata dalla vittima prima della fine? Presumibilmente perché, dopo aver isolato ed evidenziato tracce ritenute importanti, sia sulla 500, sia sul luogo del ritrovamento del cadavere (le tracce degli pneumatici ad esempio) gli specialisti del Ris vogliono compararle anche con i due Suv. Per poi mettere tutto insieme, compreso quanto sequestrato nei vari immobili, a Pescara e in provincia di Chieti, nelle disponibilità dei Lamaletto.

Ma il cerchio non è affatto chiuso, anzi.
Ieri pomeriggio la mamma di Alessandro, è stata sentita in Procura per circa due ore, dopo che già domenica mattina aveva passato tre ore al comando provinciale di fronte al colonnello Marco Riscaldati. È lei, come hanno detto gli investigatori dall’inizio, insieme al marito Paolo Neri, ad aver fornito elementi importanti per le indagini, ma è adesso dagli amici e conoscenti che gravitavano intorno ad Alessandro, ed erano tanti, che gli investigatori si aspettano l’imbeccata giusta. Si è parlato, o meglio la mamma di Alessandro sin da subito ha parlato, di un killer e di un mandante, ma a leggere le modalità in cui è stato ucciso Alessandro si farebbe strada anche una pista più terribilmente banale. Alessandro ha ricevuto il primo colpo di pistola - una semiautomatica 7,65 - all’altezza di un fianco, presumibilmente il sinistro. Un proiettile che pur passando da fianco a fianco (non è stato ritrovato) non ha ucciso il povero Alessandro. E se allora quella pistola gliel’avessero puntata per farlo spaventare, per ricattarlo, per un avvertimento? Qualcuno il grilletto l’ha premuto, è vero, ma stado a questa modalità forse non voleva ucciderlo. Forse Alessandro, che non le mandava a dire, si è ribellato, e il colpo è partito. Lui si è accasciato e a quel punto, come racconta l’autopsia, l’hanno finito con un colpo in testa, dall’alto verso il basso, dopo avergli tirato su il cappuccio. Di certo chi l’ha portato sul greto del torrente Vallelunga, dove Alessandro è stato ritrovato morto, conosceva quel posto.
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