Paolucci, confermati i 27 anni

Delitto Di Donato, altra condanna all'Aquila

 LE LACRIME di Giulia Barbarossa, mamma di Marco Di Donato, accolgono il verdetto: condanna. I giudici della Corte d'assise d'appello dell'Aquila hanno confermato i 27 anni di reclusione a carico di Emidio Paolucci, di 43 anni, chietino residente a Villanova di Cepagatti, già condannato in primo grado (a dicembre 2008) dalla corte d'assise di Chieti per l'omicidio dell'amico Marco, che fu trovato morto il 23 aprile 1999 a Manoppello. L'imputato, presente in aula, chiede di parlare e si proclama innocente.  «Non ho ucciso Marco, con questa storia non c'entro niente». Queste le sue parole pronunciate di fronte al collegio giudicante. I giudici della corte d'assise d'appello aquilana hanno respinto tutte le istanze istruttorie della difesa, rappresentata dall'avvocato Marco Zanna. In particolare, il difensore aveva chiesto che venissero ascoltati due testimoni che non avevano deposto nel corso del procedimento di primo grado.  L'avvocato generale Romolo Como, nella veste di rappresentante della procura generale, ha chiesto che venisse confermata la sentenza di primo grado.  Il giudice relatore, invece, ha ripercorso le tappe della triste vicenda. Nel sentire di nuovo la storia che ha portato al tragico epilogo della morte del figlio, la mamma di Di Donato è scoppiata più volte in un pianto dirotto. In aula all'Aquila è stata ripercorsa tutta la vicenda del delitto avvenuto il 15 marzo 1999. Di Donato, che aveva 28 anni e conosceva Paolucci, fu trovato morto a Manoppello il 23 aprile dello stesso anno, in aperta campagna, a due chilometri di distanza da un casolare. Il corpo del giovane aveva dei lacci di scarpe intorno al collo. La morte era avvenuta per strangolamento. Il verdetto è stato pronunciato dopo quattro ore e mezza di camera di consiglio.  L'imputato aveva appellato la sentenza di condanna pronunciata dai giudici di Chieti. Paolucci, tornato libero da alcuni giorni dopo essere stato detenuto per altra causa, a febbraio dell'anno scorso era finito di nuovo nei guai. Infatti era stato al centro di un'operazione della polizia che l'aveva arrestato di nuovo a Chieti con l'accusa di rapina aggravata, ricettazione, resistenza, minacce e violenza a pubblico ufficiale. Secondo le indagini aveva rapinato l'incasso (circa 45mila euro) dalle mani del direttore del supermercato Conad di via Colonnetta, allo Scalo. Gli era stata contestata anche la minaccia con un coltello a serramanico, oltre al fatto di aver agito insieme a più complici. Nel 2007, invece, era stato arrestato a Pescara nell'ambito di un'indagine relativa a una banda che si era messa in luce per aver fatto saltare in aria le automobili nel quartiere Rancitelli. Anche in questo caso, dopo un periodo trascorso in carcere, era stato rimesso in libertà.  Ieri mattina, negli uffici provvisori del tribunale di Bazzano, all'Aquila, l'imputato si è presentato di nuovo da uomo libero professando la sua innocenza. I familiari di Marco Di Donato si sono costituiti parte civile e sono stati rappresentati in giudizio dall'avvocato Daniela Terreri.

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