Parliamo anche di colpe delle imprese

«Come facciamo a morire in fabbrica, se ci fate morire prima a scuola?». E’ rimasta memorabile l’amara ironia dello striscione con cui i ragazzi di un liceo di Rivoli, nel novembre di sei anni fa, protestarono per la scomparsa di uno di loro, perito sotto il crollo improvviso di parte della scuola.

Mi sono venute in mente quelle parole leggendo la cronaca della chiusura di due importanti istituti superiori di Sulmona il “De Nino” e il “Morandi”. Motivo: i lavori di messa in sicurezza anti-sismica sono stati realizzati malissimo e la scuola non è affatto sicura. Certo, ognuno ha la sua croce: a Genova si ripetono le alluvioni per i lavori mancati, anche per i continui blocchi disposti dal Tar, mentre in Abruzzo i lavori si fanno, ma malamente, come dimostrano i casi di ieri, ma anche, in modo anche più clamoroso, le mille porcherie della ricostruzione aquilana, con i balconi che si staccano.

Quando capitano casi come questi, è d’uopo accusare la politica e la burocrazia che dovrebbero controllare secondo quelle che una volta si definivano “le regole del buon padre di famiglia”. Ed è normale che sia così, tanto che la magistratura a Sulmona ha messo sotto inchiesta sia amministratori che dirigenti. Fatico a capire, però, perché si parli così poco degli imprenditori che queste opere sono chiamati a costruire o, nel caso genovese, che queste opere bloccano (pur sapendo quanto siano urgenti) usando l’arma dei ricorsi in tribunale. Sui giornali leggiamo spesso il piagnisteo delle aziende, con relative associazioni: «in Italia non si può più lavorare, la burocrazia ci strozza...» e via discorrendo. Ogni tanto, però, questi signori dovrebbero fare un bell’esame di coscienza e far sapere anche all’esterno di avere fatto un sano repulisti tra i propri associati, buttando fuori le mele marce. E non ci consola sapere che l’imprenditore vastese che aveva denunciato le magagne dei lavori nella scuola di Sulmona, Massimo Tomeo, è stato isolato da tutti, non è stato pagato per i lavori fatti e costretto a emigrare in Africa.

Buona domenica a tutti.

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