Per ogni bar che apre a Pescara altri due chiudono

Su nove ristoranti avviati 19 hanno cessato di esistere. Taucci di Confesercenti avverte: spesso sono attività temporanee

PESCARA. Per ogni bar che apre a Pescara, mediamente due chiudono. Troppe tasse, a volte troppa inesperienza, e l’apertura di un bar o di un ristorante non è sempre la risposta giusta alla crisi del lavoro che non c’è. Due giorni fa ha annunciato la chiusura il Caffè Vespucci, un’attività storica di Pescara, perché tartassato dalle tasse. La scorsa primavera a chiudere i battenti è stata un’altra attività storica della città, il bar Camplone, una chiusura che ha lasciato a casa più di 15 dipendenti. Di contro, continuano ad aprire attività. Bar all'americana spesso, che attraggono soprattutto giovani con strategie di mercato nuove.

Un mercato saturo? La crisi che non permette più l'aperitivo del sabato o ancora troppe tasse? Tutto questi elementi messi insieme scattano una fotografia non incoraggiante delle attività dei servizi a Pescara e provincia. I dati in possesso dell’ufficio statistico della Camera di Commercio di Pescara rivelano che tante attività aprono e altrettante ne chiudono e anche di più. Da giugno a oggi le iscrizioni alla Camera di Commercio in provincia di Pescara sono state 12 contro 11 cessazioni, mentre nei primi sei mesi del 2014 a fronte di 7 aperture vi sono state 26 cessazioni.

Non va meglio per le attività di ristorazione, pure costrette a fare i conti con un mercato ormai saturo. Poi c'è il balzello tasse. Il bar Vespucci scrive su Facebook che «dopo 47 anni di onorato pubblico esercizio poniamo fine a un’emorragia monetaria dovuta a strozzinaggio da parte dello Stato con sempre maggiore incremento della pressione fiscale». Un post provocatorio,per annunciare la chiusura del bar storico, gestito da Gianluca Monaco. Di fatto il bar non chiuderà ma si trasformerà in un circolo privato. Troppa, troppa pressione fiscale.

Secondo la Confesercenti Pescara, nella sola città le iscrizioni del 2014 sono state 3, dieci le cessazioni di attività. Nove i nuovi ristoranti, 19 le cessazioni. Secondo Gianni Taucci, direttore di Confesercenti Pescara, più di un aspetto va preso in considerazione. «La tassazione incide parecchio nel destino di un’attività. Oltre alle tasse sul reddito, ci sono quelle che un esercente paga anche senza produrre utili, e le tasse mangiano circa il 60 per cento degli utili di un'attività. Per i bar la riflessione è anche un'altra», illustra ancora Taucci. «Vi sono attività storiche e poi vi sono esercizi che sono nati grazie alla condizione di sviluppo favorita dalla liberalizzazione delle aperture. Oggi ognuno può aprire un bar, anche se accanto ce n'è un altro, anche se quella zona è satura o se non si ha esperienza. L'investimento è importante, si parla di almeno un centinaio di migliaio di euro e non sempre si va in pareggio. Dopo due o tre anni se le cose non vanno bene, si chiude».

Confesercenti si occupa anche della formazione per abilitare alla vendita di cibi e bevande, e sono sempre di più i giovani che si rivolgono alla confederazione senza un'idea precisa.

«Vediamo aspiranti imprenditori che non hanno un business plan, un progetto. Pensano che aprire un bar sia facile e che possa garantire guadagni sicuri», dice Taucci, «un'attività imprenditoriale, invece, va pensata. Ci vuole studio, strategia, lungimiranza», ammonisce il direttore di Confesercenti.

«Non può essere solo una risposta alla crisi occupazionale», riprende ancora Taucci, «anche perché una nuova apertura spesso fa i conti con una concorrenza storica che magari ha meno costi di gestione, un locale di proprietà, una clientela anch'essa storica. Il contesto va studiato», conclude il direttore dell’associazione che raggruppa le attività, «altrimenti si rischia di lanciarsi in investimenti azzardati che non portano a nulla se non alla chiusura, dopo poco tempo, di un locale che spesso è stato aperto grazie agli sforzi economici dei genitori».

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