Perde la figlia al nono mese, 9 indagati

Ospedale, mamma denuncia: cesareo d'urgenza dopo 18 ore in reparto

PESCARA. Nove mesi e 5 giorni di gravidanza senza problemi, fino alla parziale rottura delle acque e all'arrivo in ospedale dove, dopo 18 ore, la giovane mamma è stata sottoposta a un cesareo d'urgenza quando ormai la bambina che portava in grembo era già morta. Inizia dal reparto di Ostetricia dell'ospedale civile il calvario denunciato ai carabinieri da T.D.R., pescarese di 21 anni che, assistita dall'avvocato Carlo Di Mascio, chiede che vengano accertate eventuali colpe e negligenze. Circostanze su cui sta indagando la Procura della Repubblica di Pescara che, con il pm Salvatore Campochiaro, ha indagato nove persone tra medici, ostetriche e infermieri dell'ospedale civile. Omicidio copolso il reato ipotizzato dal pubblico ministero che, proprio per individuare la causa della morte del feto, ha disposto l'autopsia e l'esame sulla placenta già eseguiti mercoledì da Vittorio Fineschi (del dipartimento di medicina legale universitaria di Foggia), e Pantaleo Greco (direttore del reparto di Ostetricia e ginecologia dell'ospedale di Foggia). Esami il cui esito è previsto tra 60 giorni e che proprio per la loro irripetibilità hanno fatto scattare l'iscrizione dei nove sul registro degli indagati.

LA DENUNCIA.
Tutto comincia alle 3 di sabato scorso. È il 17 settembre e T.D.R. arriva in ospedale accompagnata dalle due sorelle. Ai sanitari dice di aver avuto una parziale rottura delle acque, motivo per cui, considerando che è al nono mese, viene ricoverata nel reparto di Ostetricia e sottoposta a una visita ginecologica.

«Mancava la settimana ginecologica», racconta la donna ancora ricoverata in ospedale, «e in ospedale hanno completato la rottura della sacca dicendomi che entro 24 ore avrei partorito. Mi hanno detto di aspettare le contrazioni spiegandomi che verso mezzogiorno, se non fosse successo niente, me le avrebbero indotte con una flebo, come poi hanno fatto».

«Tutto appariva normale», si legge nella denuncia presentata dalle due sorelle che erano con lei, «e nessun sanitario ci comunicava eventuali complicazioni».

IL MONITORAGGIO.
«Intorno alle 20 di sabato, con le contrazioni in atto», riprende ancora T.D.R., «un'ostetrica mi ha visitato dicendo che ero pronta per la sala parto. Ma altro personale ha detto che invece potevo aspettare ancora, che era meglio fare un altro monitoraggio di dieci minuti. Solo che invece di dieci minuti, il monitoraggio è andato avanti per un'ora». È in questo lasso di tempo, secondo quanto riferito dalla donna, che la situazione sarebbe degenerata. «A un certo punto, riferisce, «ho chiamato mia sorella dicendole che mi stavo sentendo male e di chiamare qualcuno. Sentivo dolori atroci, mentre loro erano tutte fuori. Dopo un minuto e mezzo con quei dolori lancinanti mi sono sentita scoppiare qualcosa dentro, con le infermiere sempre lì fuori che forse, da quello che ricordo, erano occupate ad ammazzare un calabrone. Ma intanto non sentivo più il battito della bambina, ho insistito che venissero e a quel punto sono rientrate. Sono state due minuti a cercare il battito e poi mi hanno portato d'urgenza in sala operatoria».

IL CESAREO.
Alle 21, secondo quanto si legge sulla denuncia, la donna entra d'urgenza in sala parto e alle 22 viene comunicato alle sorelle che il feto era morto. «Alle nostre successive ed insistenti richieste di delucidazioni sulla causa della morte», hanno raccontato ai carabinieri, «i medici e il personale sanitario del reparto non hanno fornito risposte esaurienti rimettendosi, per il più delle volte, al fatto che sarà l'autopsia a fare chiarezza sulla morte della bambina. Solo il dottor Berghella, che ha proceduto al cesareo, ci ha riferito che, secondo quanto lui presupponeva, il feto era già morto dieci minuti prima dell'estrazione». E proprio per il dottor Berghella la giovane mamma ha parole comunque di gratitudine: «Ha tentato una corsa contro il tempo dopo essersi trovato all'improvviso con una situazione di cui nessuno gli aveva riferito nulla. Si è comportato come un vero medico».

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