dopo 113 anni

Pescara, Costantini chiude: "Crisi senza fine, vado al Sud e apro un ristorante"

La storica libreria di corso Vittorio abbassa la saracinesca il 16 maggio a oltre un secolo dall’apertura della prima attività e vende tutto a prezzi scontati. Il titolare: a Pescara non c’è più posto per me

PESCARA. «Chiudo la libreria e vado via da Pescara». Domenico Costantini, 46 anni, conclude «con amarezza» un cammino di tre generazioni di librai, avviato dal nonno Domenico con l'apertura del primo punto vendita, 113 anni fa, in corso Vittorio Emanuele. Chiude e lascia la città dove è nato, per trasferirsi al Sud. Non vuole dire dove, ma si lascia sfuggire Capri e Sorrento, dove ricomincerà una «nuova vita nel campo della ristorazione o del bed & breakfast».

La storica libreria Costantini, che tre anni e mezzo fa si è spostata dal civico 138 all'attuale sede angolo via Trieste, abbasserà definitivamente le serrande il prossimo 16 maggio. In questi quaranta giorni di svendita la clientela potrà acquistare tutto il materiale didattico e da regalo, pochissimi libri, tra cui rare edizioni in francese, a prezzi stracciati, fino al settanta per cento di sconto.

«L'invenduto lo donerò alle scuole», ultimo atto di generosità di un libraio, Domenico Costantini, che le ha «provate tutte per rimanere a galla. Questa attività è sopravvissuta ai bombardamenti della guerra ma non ha retto alla crisi, agli Amazon, a internet, allo spesometro che ti controlla i soldi che spendi e se sfori devi segnalare all'agenzia delle Entrate, alla competizione con gli editori-librai, alle politiche sbagliate dei prezzi che si praticano nei supermercati che vendono libri a basso costo e guadagnano milioni con la cancelleria, alle tasse che divorano il grosso del guadagno, agli affitti altissimi.

Nell'altro negozio, rilevato in seguito dai cinesi, venti dipendenti, 1900 metri quadrati, pagavo 26mila euro al mese di affitto. Sono orgoglioso di non aver mai dovuto licenziare nessuno, molti sono andati in pensione, ciò ha lenito i miei sensi di colpa. Mi sono spostato in questa sede dove pensavo di ripartire, passata la crisi, con una attività ancora più allargata, invece tutto sta precipitando, il made in Pescara è finito, ci sono troppe catene straniere».

Migliaia di libri sono scomparsi dagli scaffali, al loro posto solo oggettistica di lusso. «Ci siamo dovuti reinventare», prosegue Costantini, «una parola molto usata dai politici, ma loro stanno sempre allo stesso posto. Fino a sei-sette anni fa avevamo una convenzione con il Comune per fornire libri alle persone meno abbienti, 500-600 famiglie, per noi erano entrate fino a 200 mila euro. Finito anche questo».

Alla libreria Costantini, almeno per chi poteva permetterselo, si acquistavano «penne Montblanc al costo di 250 mila euro; ceramiche di Castelli a 20 mila euro; agende di carta filigranata del valore di 50 mila euro. Ora», dice Costantini, «mi sono rimaste penne da 1000-1500 euro, che fino a poco tempo fa vendevamo come il pane; un set da scrivania delle concerie toscane che da 1250 euro svendiamo a circa 500».

I tempi d'oro sono finiti, restano i ricordi. Quelli di «nonno Domenico, amico di D'Annunzio, con lui fece l'impresa di Fiume, che aprì il primo negozio nel 1903» dove ora si trova il palazzo Benetton, in corso Vittorio, «che fu bombardato e distrutto.

Riaprì al civico 138 e dopo la sua morte, nel 1977, l'attività fu portata avanti dai figli Belisario, mio padre, e Filomena, entrambi scomparsi all'età di 49 anni. Mio cugino e io rilevammo le quote al cinquanta per cento e dieci anni fa acquistai l'azienda che tra 40 giorni chiudo per sempre».

Al negozio con Domenico Costantini, single e fratello di Alessandro, professione ristoratore («lui sì che ha visto il futuro prima e meglio di me»), sono rimaste due commesse storiche, Serena Luciani di Spoltore, alle dipendenze da venti anni, e Maria Chiara Tarantelli di Francavilla, operativa da nove anni.

«Che cosa faranno nel futuro? Maria Chiara sta per sposarsi e forse vorrà farsi una famiglia e aiuterò Serena a trovare un lavoro. Mi dispiace molto per loro, ma le ringrazio per l'ottimo lavoro svolto in questi anni». «Mio nonno», conclude Costantini, «ha salvato tanti ebrei nascondendo i pizzini nei libri. Malgrado il pericolo, ce l'ha fatta. Lascio Pescara con rammarico, ma qui non c'è più posto per me».

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