Pescara, guardia medica nel caos: curate solo le urgenze 

I medici sono in stato di agitazione per il taglio alle indennità in busta paga. Pazienti dirottati al Pronto soccorso. Paolucci: «Illegittimi quei soldi in più»

PESCARA. Da ieri mattina, la Guardia medica di Pescara e quelle del resto dell’Abruzzo garantiscono solo le prestazioni per casi urgenti. Si tratta della protesta messa in atto dai camici bianchi del servizio di continuità assistenziale che, con una delibera regionale, si sono visti cancellare dalla busta paga i 4 euro l’ora percepiti come indennità di rischio e inviare la richiesta di restituzione delle somme, fino ad un massimo di 60mila euro, percepite dal 2006 ad oggi. Richieste estese addirittura agli eredi dei medici deceduti.
La categoria ha così deciso di proclamare lo stato di agitazione. E ieri, primo giorno di protesta, non sono mancati i disagi e lamentele da parte dei cittadini. Alla Guardia medica di Pescara, in mattinata, si è creata una coda di pazienti: quelli non gravi, circa una decina, sono stati invitati a rivolgersi altrove e sono stati sottoposti alle cure solo quelle urgenze non differibili. Lo stato di agitazione andrà avanti nei prossimi giorni.
Il direttore generale della Asl Armando Mancini ha cercato di fermare la protesta inviando una diffida ai medici, con cui ha minacciato il ricorso ad azioni legali se si dovessero registrare problemi per la salute dei pazienti. Ma il duro provvedimento del manager dell’azienda sanitaria sembra sia stato completamente ignorato. Del resto, i segretari regionali dei sindacati di categoria, Sandro Campanelli della Fimmg, Nicola Grimaldi dello Snami e Silvio Basile dello Smi, avevano già avvertito, il 5 settembre scorso, con una lettera indirizzata al presidente della Regione Luciano D’Alfonso, all’assessore regionale alla Sanità Silvio Paolucci, ai direttori generali delle Asl e ai prefetti di Pescara, Chieti, L’Aquila e Teramo, dei disagi che si sarebbero registrati a partire da ieri. Ossia, blocco dell’attività ambulatoriale con la garanzia delle prestazioni indifferibili domiciliari e territoriali; blocco delle prescrizioni indotte e per terapie differibili; revisione delle modalità di collaborazione con il servizio di emergenza territoriale del 118; sospensione della collaborazione con i Pronto soccorso per le prestazioni codificate come «codici bianchi».
I camici bianchi che fanno servizio nelle Guardie mediche ritengono di essere vittime di un sopruso da parte della Regione. La situazione è stata ben spiegata nei giorni scorsi dai consiglieri regionali del Movimento 5 Stelle. «L’indennità di rischio», ha fatto presente il vice presidente della commissione Sanità Domenico Pettinari, «avrebbe dovuto colmare tutte le carenze relative alla sicurezza sul posto di lavoro». Non solo, come hanno precisato ieri alcuni medici che hanno preferito restare anonimi, «l’indennità di rischio era stata concordata per andare a coprire altre indennità non riconosciute».
La decisione presa dalla Regione, tra l’altro, scaturirebbe da una richiesta di delucidazioni sull’indennità da parte della Corte dei conti. Ma l’assessore regionale alla sanità Silvio Paolucci ha replicato che l’indennità era «illegittima e anche il Tar, per ora, ha dato torto ai medici». «Un decreto dei giudici contabili», ha sottolineato, «evidenzia un elevato pregiudizio alle pubbliche finanze, derivante dalla pregressa e attuale erogazione in favore dei medici del compenso aggiuntivo “indennità per i rischi legati alla tipologia dell’incarico”. In pratica, l’onorario di 22 euro l’ora della guardia medica è onnicomprensivo e non può essere integrato. Comunque, abbiamo già avviato un tavolo per poter dare una risposta legittima ai medici».
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