Pescara, il grido di aiuto di una donna: "Manca solo che mi ammazza"

Tre denunce, due arresti e l'ultima minaccia dell'ex sotto casa. La disperazione di una 46enne che ha chiesto aiuto al Centro

PESCARA. Una croce accanto al suo nome, e la condanna a morte scritta sul muro di casa: «Avrai ciò che meriti putt...». Dopo 16 mesi d’inferno per aver deciso di interrompere la relazione durata sette anni, dopo tre denunce e due arresti per stalking nei confronti del suo ex, Maria (nome di fantasia) si è svegliata così l’altro giorno. Con una minaccia pubblica, questa volta, e la prova che “lui” è ancora libero di invadere il suo mondo e la sua vita. Fino a decidere, se vorrà, di distruggerla. «Dopo di questo c’è che mi ammazza», denuncia la donna che ieri mattina si è rivolta ancora ai carabinieri nella speranza che qualcuno fermi quest’uomo, un cinquantenne residente a Spoltore, «prima che sia troppo tardi». Prima della retorica e dell’ipocrisia, prima dei “se lo diceva prima”. Perché lei l’ha detto prima e lo continua a dire: «Fermatelo, è una persona che non sta bene. E sta andando sempre peggio».

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Per questo Maria si è rivolta al Centro, chiedendo l’anonimato e che fosse cancellato il suo nome dalla foto pubblicata in alto a destra. Perché finora il suo coraggio nel denunciarlo è servito solo a «incattivirlo, a convincerlo che lei gli ho rovinato la vita. Ma per il resto non è successo niente. Per due volte», racconta ancora Maria, «è andato ai domiciliari, l’ultima volta il giorno di Santo Stefano,e per due volte è tornato libero senza che neanche venissi avvisata. Di colpo me lo ritrovavo sotto casa, in giro, come ha fatto pure questa volta, con la scritta sul palazzo».

È stanca e impaurita la donna, operaia pescarese di 46 anni che per aver detto basta si ritrova a vivere prigioniera della paura. E di quell’uomo che non smette di darle il tormento. «Eppure», dice Maria, «prima di denunciarlo la prima volta ho aspettato sei mesi. Avevo troncato la relazione dopo sette anni e un periodo brutto, di cui non ne potevo più delle sue violenze psicologiche e delle sue bugie. Ma la prese subito male. In tre mesi, tra novembre 2015 e febbraio 2016 mi ha mandato 420 messaggi tra richieste di chiarimento e minacce. Sono stata costretta a trasferirmi da mia madre, per otto mesi. Ma quando sono tornata a casa mia lui ha ricominciato. Me ne ha fatte di tutti i colori. Dalla cacca sulla macchina, al furto della posta e alla cassetta delle lettere distrutta, ai biglietti che mi faceva ritrovare ovunque con le solite minacce». Tra queste ce n’è una ricorrente: la minaccia di distruggerne la reputazione diffondendo foto intime di Maria. «Foto mai viste, di cui non conosco l’esistenza, e che per un periodo mi hanno fatto paura. Ma adesso, non m’importa più neanche di questo.Facesse quello che vuole, seppure queste foto esistono, basta che mi lascia in pace. Vivere così è una tortura . Accompagnata dappertutto, mai da sola, con l’incubo di guardarmi continuamente intorno, di non sentirmi sicura neanche quando vado a fare la spesa nel negozio sotto casa. Non è vita. A volte penso addirittura che preferirei avere una malattia, un problema di salute, lo baratterei con questa sensazione di paura costante, di prigionìa. Con questa violenza psicologica che ti soffoca, che ti toglie il sonno e la fame e che ti fa avere paura per te e per la tua famiglia». Una storia simile a tante altre, con la stessa escalation, gli stessi toni, le stesse minacce e con il rischio di un epilogo tragico simile a tanti altri, riflette Maria che proprio di questo è terrorizzata. «Mi rivolgo ai magistrati», è il suo appello, «vi chiedo di non aspettare che si arrivi alla violenza fisica, che succeda qualcosa. Perché quella psicologica è deleteria allo stesso modo, se non peggiore. E poi lo conosco bene, è una persona molto possessiva e prepotente, che vuole sempre ottenere quello che vuole, come ha fatto tante altre volte. È uno che non ama perdere e che ora mi odia, convinto che gli ho rovinato la vita. Ma è evidente che non sta bene, se non riesce ad accettare la fine di una relazione, se continua a darmi il tormento dopo quasi un anno e mezzo. È evidente che non è equilibrato, che è pericoloso. Che va fermato».

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