il processo

Pescara, morte del calciatore Morosini: condannati i tre medici imputati

Il giudice monocratico ha inflitto un anno di reclusione al medico del 118 Vito Molfese e otto mesi ai medici sociali Ernesto Sabatini (Pescara) e Manlio Porcellini (Livorno), più una provvisionale di 150 mila euro alla sorella del giocatore del Livorno, costituitasi parte civile. Il perito del tribunale: «Il defibrillatore andava usato». La difesa di Molfese: «Condanna inaspettata, le nostre eccezioni verranno valutate nel prossimo grado di giudizio»

PESCARA. Morte del calciatore del Livorno Piermario Morosini: condannati a un anno di reclusione il medico del 118 di Pescara Vito Molfese e a otto mesi il medico sociale del Livorno Manlio Porcellini e il medico del Pescara Ernesto Sabatini. I tre imputati sono stati anche condannati, insieme alla Asl di Pescara e alla società Pescara Calcio, al pagamento di una provvisionale di 150mila euro. È la sentenza pronunciata oggi da Laura D'Arcangelo, giudice del tribunale monocratico di Pescara, nel processo di primo grado sulla morte del calciatore del Livorno Piermario Morosini, avvenuta il 14 aprile del 2012. In mattinata il pm Gennaro Varone aveva chiesto una condanna a due anni per Molfese e l'assoluzione, perché il fatto non costituisce reato, per Porcellini e Sabatini. I tre imputati erano accusati di omicidio colposo. Al momento della lettura della sentenza, il medico del Livorno, Porcellini, era l'unico imputato presente in aula. L'avvocato di parte civile, per conto della sorella del calciatore, aveva chiesto un risarcimento danni complessivo di 330mila euro. Fulcro dell'accusa le carenze nelle procedure di soccorso, in particolare rispetto al mancato uso del defibrillatore, nonostante ce ne fossero due sul terreno di gioco e un terzo a bordo di un'ambulanza. Durante la partita, il giocatore della squadra toscana si accasciò a terra al 29' del primo tempo, sul terreno di gioco dello stadio Adriatico di Pescara, mentre era in corso l'incontro di serie B tra la squadra abruzzese e il Livorno.

La parte civile. «Fa una certa rabbia vedere le immagini con il defibrillatore in campo vicino a Morosini e nessuno che lo utilizza». Così questo pomeriggio a Pescara Edoardo Cesari, avvocato di parte civile in sostituzione di Giovanni Vezzoli e in rappresentanza di Maria Carla Morosini, nel corso del processo sulla morte del calciatore del Livorno. «Per Molfese (medico del 118) sono emersi obblighi di responsabilità civile legati al mancato uso del defibrillatore e ai tempi di intervento - ha proseguito il legale -, ma lo stesso grado di responsabilità va estesa agli altri due imputati Porcellini e Sabatini», rispettivamente medico del Livorno e medico del Pescara Calcio. Cesari ha chiesto un risarcimento di 200mila euro per danni non patrimoniali e 130mila euro per danni patrimoniali. «Piermario era l'unico parente stretto di Maria Carla dopo la morte dei genitori - ha evidenziato l'avvocato - e in seguito alla morte del fratello la condizione della mia assistita, che ha problemi depressivi, si è aggravata». Il giudice ha stabilito intanto il pagamento di una provvisionale di 150 mila euro.

Il perito del tribunale. «Un medico non si può sottrarre, anche se non c'è una 'leggè che obbligava l'intervento. Per questo trovo che la sentenza di condanna dei tre medici sia corretta». Usa poche parole la dottoressa Cristina Basso, il super perito di parte e di fama mondiale che assieme al perito indicato dal pm allora titolare dell'inchiesta Valentina D'Agostino formulò la perizia confermata oggi nella sostanza dalla sentenza Morosini. Qualunque medico presente doveva usare il defibrillatore, era questa la tesi e infatti «se c'è un incendio devi usare l' estintore, anche se poi l'incendio non lo fermi: ma siccome il defibrillatore è anche diagnostico e non solo terapeutico, a maggior ragione un medico lo deve usare - spiega la Basso - perché se c'è fibrillazione ventricolare il defibrillatore non parte e te lo dice. Ma se non c'è si mette in azione». Quindi anche se le richieste sostenute dal Pm Gennaro Varone puntavano al proscioglimento dei due medici delle società sportive Livorno e Pescara, per la Basso «la sentenza ha una sua logica, e questa cosa l'ho ripetuta anche nella mia deposizione di luglio al processo».

La difesa di Molfese. «Non mi aspettavo la condanna, ma ho fiducia che tutte le eccezioni sollevate in punta di diritto verranno valutate in maniera più aderente nel prossimo grado di giudizio». Così Alberto Lorenzi, legale del medico del 118 di Pescara Vito Molfese, pochi minuti dopo la lettura della sentenza di condanna ad un anno di reclusione, con pena sospesa, a carico del suo assistito, imputato per omicidio colposo in relazione alla morte del calciatore del Livorno. «Sono abituato a ragionare sulle carte e quindi appena uscirà la motivazione vedremo - ha aggiunto l'altro avvocato di Molfese, Ivo Gabriele - il nostro era un reato omissivo e invece pare che sia stato definito come un reato attivo, e quindi c'è bisogno che qualcuno si metta d'accordo».