Pescara, Paolini al processo sanità"Del Turco non fermò i favori ad Angelini"

Depone l'ex vicepresidente: il governatore chiamò Fassino per chiedere le mie dimissioni

PESCARA. «Del Turco cosa disse, cosa fece?», domandano i pm all'ex vice presidente della giunta regionale Paolini. E il testimone, seduto a un palmo di naso dall'ex presidente Del Turco, risponde: «Chiese le mie dimissioni a Fassino per la mia campagna di scontro politico sulla sanità».

Li chiama «dissapori», «frizioni», Enrico Paolini, l'ex vice presidente della giunta regionale sotto Ottaviano Del Turco, arrivato ieri in aula per deporre al processo sanità come testimone chiamato dall'accusa: «C'era un clima teso per la mia campagna di scontro politico sulla sanità il cui epilogo sono stati gli emendamenti alla delibera per il piano di riordino dei posti letto e la richiesta delle mie dimissioni all'allora segretario Ds Piero Fassino che, invece, mi pregò di restare».

LA MODIFICA.
Qual era il terreno di scontro tra Del Turco e Paolini? E' il nome dell'ex titolare di Villa Pini Vincenzo Angelini e i presunti vantaggi che sarebbero stati dati da Del Turco alle sue cliniche, la traccia di questa fase del processo e della deposizione di Paolini che ha raccontato dei tredici emendamenti al piano di riordino dei posti letto che il suo partito, quello dei Ds, aveva proposto insieme a Rifondazione comunista per salvaguardare la «trasparenza».

«La sostanza dei tredici emendamenti», ha detto Paolini, «era quella di avere un piano di riordino per creare un equilibrio differenziato tra le cliniche. Gli emendamenti sono stati stilati dall'avvocato Antonella Bosco, presidente della V commissione, perché era lei che si occupava della parte tecnica», ha spiegato. «Ma quando la delibera è stata approvata mi sono accorto che uno degli emendamenti era stato modificato. Chiesi a Bosco quali sarebbero state le conseguenze e mi disse che quella modifica avrebbe potuto favorire qualcuno». Ribadisce lo stesso concetto, l'ex vice presidente della giunta regionale, fino a quando, interrogato a turno dai tre pm Nicola Trifuoggi, Giampiero Di Florio e Giuseppe Bellelli, si fa più esplicito: «La non traslazione degli emendamenti avrebbe avvantaggiato Villa Pini». Angelini era assente ieri in aula mentre Paolini raccontava dei presunti vantaggi e del silenzio di Del Turco. «Telefonai all'ex presidente della Regione ma mi trattò duramente e sì», riprende Paolini rispondendo a una domanda del pm, «dopo questi dissapori Del Turco chiamò Fassino per chiedere le mie dimissioni ma il segretario rafforzò la mia posizione».

ANGELINI PROTESTA.
L'udienza si sposta su un altro binario, su una doppia riunione datata il 17 novembre 2006 andata in scena di mattina e, in una versione più ristretta, nel pomeriggio. «Alla riunione pomeridiana c'eravamo io, Del Turco, Angelini e Lamberto Quarta. Angelini protestava contro di me e Quarta, ex segretario di presidenza, invece di dire qual era la posizione della Regione annuiva alle proteste di Angelini nei miei confronti». «Qual erano i rapporti di Angelini con i politici?», domanda ancora la procura. E Paolini: «Angelini frequentava l'assessorato. Non mi sarei meravigliato se non fosse stato l'unico».

«PALLE DI CANNONE».
Ricoveri ripetuti, prestazioni inappropriate a Villa Pini: è anche di questo che stanno riferendo i testimoni chiamati dall'accusa tra cui, ieri, Giuseppe Ciliberto, responsabile del servizio anestesia di Villa Pini che ha raccontato di una telefonata «intimidatoria» ricevuta all'epoca da Angelini. «Quando un paziente restava 4-5 giorni nello stesso reparto, dovevamo chiudere una cartella e aprirne un'altra. Ricordo perfino il caso di una marchigiana ricoverata per 45 giorni con 13 cartelle. Chiesi spiegazioni a Vincenzo Angelini e ricevetti una telefonata: mi disse di stare attento perché sarei diventato carne per palle di cannone».

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