Pescara, preso il rapinatore picchiato dall’orefice

È un 25enne foggiano, per la polizia è l’autore dell’assalto fallito alla gioielleria Adele Rolando. Si cerca il complice

PESCARA. Fuggendo dalla gioielleria Adele Rolando, in via Gabriele D’Annunzio, è stato ripreso da una delle telecamere posizionate lungo la via. E i due commercianti che hanno subito l’assalto lo hanno riconosciuto senza tentennamenti, quando hanno visto la sua foto. È così che la polizia ha incastrato Enrico Donato Conserva, 25 anni, foggiano, sottoposto nei giorni scorsi a fermo di indiziato di delitto per il reato di tentata rapina aggravata in concorso. Con lui, in gioielleria, ha agito un complice, sulla cui identificazione stanno ancora lavorando gli uomini della squadra mobile, diretti da Pierfrancesco Muriana.

Conserva, una volta riconosciuto come l’autore del colpo sfumato, ha ammesso le proprie responsabilità. Ascoltato negli uffici del commissariato di San Severo, il giovane ha spiegato di aver bisogno di soldi, dovendo saldare un debito di alcune migliaia di euro per droga acquistata ma non pagata. Nonostante la confessione Conserva è stato comunque sottoposto a fermo, visto che era pronto a far perdere le tracce. Le due valigie, con abiti ed effetti personali, trovate dalla polizia quando è stato intercettato dimostrano, per gli investigatori, che esiste un concreto pericolo di fuga.

Ora, mentre le indagini proseguono per arrivare al suo complice, si attende la trasmissione degli atti alla Procura di Pescara.

A far scattare la fuga del 25enne e del giovane che ha agito con lui è stato, nel tardo pomeriggio del 12 dicembre, il titolare della gioielleria, Giulio Di Maria. Quando i due finti clienti hanno mostrato le loro reali intenzioni tirando fuori una pistola (scacciacani), il commerciante ha reagito immediatamente e ne è nata una colluttazione. Nonostante sia stato colpito alla testa non si è dato per vinto e ha continuato ad osteggiare uno dei rapinatore mentre l’altro bloccava la moglie, Adele Rolando, che piangeva disperata. Di Maria è riuscito a premere il pulsante dell’allarme collegato alla questura e ha detto chiaramente ai due che di lì a poco sarebbero arrivati gli agenti. L’annuncio è stato sufficiente per far fuggire i due che hanno lasciato in strada la pistola, una parrucca, un trolley da usare per il bottino e un giubbino con delle fascette di plastica, forse per bloccare i gioiellieri. Il tutto è stato recuperato dalla polizia, che ha avviato immediatamente gli accertamenti per risalire alla coppia, cominciando dall’esame delle telecamere della zona.

«Sono molto soddisfatto», commenta Di Maria dopo aver saputo del fermo. «La polizia ha lavorato benissimo e in maniera veloce. Ora speriamo che non succeda più niente e che quei due se ne stiano a casa. Ma gli faranno fare qualche giorno di carcere e poi finirà così, la giustizia funziona in questo modo. Io mi auguro che prendano anche l’altro», dice sempre il commerciante sottolineando con orgoglio la sua parte di «merito», per come sono andate le cose. «Se non avesse fatto quella cavolata, per lui poteva andare meglio». Certo l’identificazione e il fermo non cancellano «il trauma, che è grande», dice la moglie. «La paura c’è ancora» e pure il ricordo di quei ragazzi dalla «faccia pulita, che abbiamo accolto paternamente».

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