ABUSO E PECULATO

Pescara, primario indagato: udienza rinviata per Rosati

Secondo l'accusa, il primario avrebbe "indotto le sue assistite, che necessitavano di prestazioni ginecologiche, a rivolgersi a lui come medico privato, a garanzia di un rapido scorrere della lista di attesa operatoria, altrimenti impegnata per mesi, se non per anni"

PESCARA. Rinviata, per la mancanza di una notifica ad una delle parti offese, la prima udienza davanti al gup Maria Michela Di Fine, nell'ambito del procedimento a carico di Maurizio Rosati, primario del reparto di Ostetricia e Ginecologia dell'ospedale di Pescara e della sua assistente Antonietta Giglio. È il secondo rinvio dopo quello del febbraio scorso, per impedimento dei difensori. Rosati, 54 anni, nato ad Atri, è accusato di omissione di atti d'ufficio, interruzione di pubblico servizio, abuso d'ufficio e peculato. Giglio solo di peculato. Il gup ha rinviato l'udienza al prossimo 7 maggio.

Contestualmente l'accusa, rappresentata dal pm Silvia Santoro, si è riservata di richiedere la trascrizione delle intercettazioni telefoniche nel corso della prossima udienza. Tra le parti civili anche la Asl di Pescara, assistita dall'avvocato Marco Riario Sforza.

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Secondo l'accusa, il primario avrebbe «indotto le sue assistite, che necessitavano di prestazioni ginecologiche, a rivolgersi a lui come medico privato, a garanzia di un rapido scorrere della lista di attesa operatoria, altrimenti impegnata per mesi, se non per anni».

Inoltre avrebbe «dimesso o fatto dimettere pazienti, pur bisognose di interventi ginecologici, che si erano rivolte a medici diversi da lui per visite private, determinando una lista di attesa interminabile, spesso arbitrariamente compilata in ritardo per evitare si scoprisse il disservizio, inducendo le pazienti a rivolgersi a lui quale medico privato o a rivolgersi ad altre strutture, con attese che provocavano ingiustificate sofferenze». Il primario è accusato anche di peculato, in concorso con la sua collaboratrice Antonietta Giglio, alla quale avrebbe «affidato il telefono mobile aziendale, il cui costo era a carico della Asl, affinché ne disponesse liberamente come fosse proprio».