Pescara, «Rovinato dagli iper: ora devo vendere le castagne in strada»

La parabola di Giancarlo Carpiani, ex consigliere del quartiere 3: troppe spese per mantenere il negozio, il Comune mi aiuti

PESCARA. Da imprenditore a venditore di castagne agli angoli delle strade, per colpa della crisi. Per 40 anni, Giancarlo Carpiani, 62 anni, storico consigliere del quartiere 3 e presidente dell'associazione Parco della Speranza, è stato il titolare dell'unica bottega alimentare del quartiere Villa del Fuoco, tra via Lago di Capestrano e via Sacco. Poi «sono arrivati i centri commerciali e i discount e 4 anni fa ho dovuto abbassare le serrande». Troppe spese, 600 euro mensili di affitto, pochi incassi e tanti debiti, molti rateizzati. Oggi «non ho più soldi da parte e ho bisogno di un lavoro che non sia abusivo».

Il negozio di alimentari, tutt'ora esistente, è stato dapprima rilevato da una famiglia rom e in seguito da altri gestori. L'ultimo lavoretto saltuario come macellaio, qualche mese in un supermercato dei Colli. Poi, la disoccupazione che aguzza l'ingegno: un banchetto di frutta fresca e secca, mandarini, noci, fagioli e ceci, da vendere agli angoli delle strade, di giorno. All'imbrunire, si piazza sotto un lampione tra via Lago di Capestrano e via Tiburtina, prepara la brace per le caldarroste e si scalda al fuoco di una stufa rudimentale, ma ingegnosa, che gli ha costruito il figlio Luca. L'altra figlia è Francesca, entrambi operai nella grande distribuzione. Però «il tempo delle castagne è agli sgoccioli e presto perderò anche questa piccola fonte di guadagno». Intabarrato a causa del gelo che gli penetra nelle ossa, seduto su una seggiola sgangherata «perché sono malato e non posso stare in piedi» rimane tutto il giorno sui marciapiedi della città «a cercare di guadagnare quei dieci euro» che gli servono per sbarcare il lunario. Sotto le cassette della frutta, un mucchio di ricette «di farmaci che non potrò mai comprare perché non me li posso permettere». Con la dignità silenziosa di «chi ha lavorato una vita per ritrovarsi in mezzo ad una strada. Se qualcuno, anni fa, mi avesse proposto di chiudere il negozio nel quartiere e riaprire in un centro commerciale, l'avrei fatto; invece, con la crisi mi sono sentito abbandonato perché non ho potuto far fronte ai debiti, la concorrenza dei discount è stata schiacciante». Non vuole «l'elemosina di nessuno». Chiede aiuto al Comune per avere un lavoro, uno qualunque «potrei anche fare il nonno vigilante davanti alle scuole o spazzare i parchi cittadini». Purché sia un impiego che non gli faccia perdere la faccia: «Ho bisogno di un reddito per sentirmi uomo e padre di famiglia che vuole continuare a dare l'esempio ai suoi figli», dice con gli occhi umidi, «sono arrabbiato perché non voglio pensare che la mia vita sia finita a 62 anni. La gente del quartiere mi viene a salutare, mi incoraggia, ma è dura stare sulla strada tutto il giorno». Arriva Aurelio Neri, suo amico e si abbracciano. Parlottano e fanno programmi per il futuro. Arriva anche Evelina, sua cliente, ma non trova quel che cerca e promette di ripassare. Malgrado gli acciacchi fisici e la sua condizione indigente, Carpiani ritrova il sorriso quando racconta del suo impegno nel mondo del volontariato e delle battaglie sociali condotte per 15 anni, quando era consigliere di quartiere negli anni 90, sotto la presidenza dello scomparso Gabriele Ferrara. E' povero, Giancarlo Carpiani, ma per continuare a vivere ha bisogno di aiutare gli altri. «Lo so, è un paradosso, ma io sono fatto così. Per tutta la vita ho strappato bambini dagli ambienti della droga in questo quartiere difficile e sostenuto gli anziani con manifestazioni e opere sociali». Ora l'ex bottegaio ha bisogno, lui, di aiuto. Che cosa chiede? «Un lavoro dignitoso e la possibilità di gestire il parco della Speranza di Rancitelli con la mia associazione di volontari». E' tutto.

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