Pescara, sequestrate tre società e immobili per 7 milioni

Indagini della guardia di finanza per usura, reimpiego di proventi illeciti di natura societaria e fallimentare. Indagati in 13, tutto è nato dal fallimento di una srl di ristorazione di Città Sant'Angelo. Scoperti debiti con l'Erario per oltre 6 milioni

PESCARA. Sequestrate tre società e beni per un valore di circa 7milioni di euro: è il bilancio di un'operazione della guardia di finanza al termine di una serie di indagini su usura, reimpiego di proventi illeciti di natura societaria e fallimentare.

Denunciati gli autori ritenuti responsabili delle transazioni e trattative finite nel mirino delle fiamme gialle. Le tre società operavano nel settore della ristorazione, della grande distribuzione e della distribuzione del gas nella provincia di Pescara e nel Napoletano.

Le indagini sono nate dal fallimento della Bam Bam Adriatico, srl della ristorazione, a Città Sant’Angelo. Sono 13 gli indagati accusati di aver sistematicamente operato lo svuotamento delle casse societarie attraverso cessioni di beni o di quote nei confronti di prestanome, accumulando nel corso degli anni un ingente passivo fallimentare, pari a 6.872.913,17 euro. Secondo la Finanza, si tratta di un sodalizio criminale dedito al fallimento seriale delle imprese. Le società sequestrate, erano divenute, nel tempo, schermo di copertura, tramite prestanome, di operazioni finanziarie illecite. le fiamme gialle hanno accertato a l’intestazione fittizia di quote societarie, a favore di prestanome, per un valore complessivo di 294mila euro. E nel corso delle indagini sono emerse condotte usurarie con l’applicazione di tassi di interesse nell’ordine del 120% su base annua. I proventi venivano trasferiti su conti correnti bancari delle società sequestrate.

In particolare, un imprenditore in difficoltà finanziarie con il suo supermercato è stato costretto ad attingere denaro da un circuito parallelo a quello legale per potersi salvare dal fallimento. In genere coloro che prestano le somme di denaro necessarie, consci delle difficoltà economiche in cui versano le aziende, fanno, inizialmente, di tutto per favorire l’apparente temporanea risoluzione della crisi aziendale, per poi arrivare a richiedere la restituzione del prestito e di onerosi interessi, in unica soluzione ovvero senza alcun preavviso, in maniera tale da riuscire facilmente ad ottenere il possesso dell’azienda stessa, avvalendosi di prestanome che, non di rado, sono gli stessi ex titolari. Così è stato: l'imprenditore si è trovato nelle condizioni di dover restituire l’intero capitale chiesto in prestito (37mila euro) oltre ad interessi per 51.800 euro, corrisposti con gli incassi del supermercato. Risultato, l'imprenditore ha dovuto cedere la gestione del supermercato all’usuraio.

Nelle indagini è stato inoltre accertato lo stato di insolvenza, per altre 4 società di capitali con debiti nei confronti dell’Erario per oltre 6 milioni di euro.