Pesce e pecorino

Al ristorante La Vongola tra tartare, risotti e fritture

Ingolosito dalla veste formale di recensore, ho ricordato la lezione di Sun Tzu, conducendo la battaglia su un terreno familiare, visto che dai Porrini bros si va a colpo sicuro.
Giunti dopo le 14, in mattinata ero addirittura andato a correre per mondarmi la coscienza, abbiamo atteso un po' («ma non è sempre così, una domenica si l'altra no», mi è stato spiegato), godendoci nel frattempo la sempre ritemprante vista mare ottobrina non occlusa da ombrelloni e affini. Per iniziare una tartare di pescespada in due con sedano e mandorle tostate all'altezza della situazione (la mia first ha tuttavia rilevato migliori interpretazioni nel passato: «non si è azzeccata bene»); poi due porzioni di risotto alla marinara sgusciato (su richiesta) e all'onda, senza virare al pannoso e per me il migliore del litorale; per sciacquare la bocca abbiamo diviso una frittura di scampi e calamari, forse un po' meno asciutta del solito ma certamente di qualità; gran finale con un piatto di bombette fritte, da tuffare nella crema, nel cioccolato e nella panna (fatte al momento), degne del terzo cerchio dell'Inferno. Con acqua minerale e Ratafiat finale.
Non dimentico dello scopo della missione, volta all'esplorazione dell'enologia abruzzese, ho voluto effettivamente verificarne la crescita qualitativa, supportata dall'interesse della critica e del mercato.
Tra quelli disponibili nel ristorante vi era anche il pluripremiato Trebbiano 2007 del divino Valentini, ma che ci vuole spendendo 50 zucchine a bottiglia a scegliere un vino di livello?
Ecco dunque l'inizio del fitto conciliabolo con “el flaco”, il fratello sommelier, che dopo aver tessuto le lodi del pecorino, vitigno autoctono non di rado camuffato col sauvignon («vada a vedere alla Camera di commercio quanti ettari sono coltivati a pecorino e se ne renderà conto»), ha proposto, nella richiamata ottica di miglior rapporto qualità/prezzo, una bottiglia di pecorino superiore 2012 dell'azienda agricola Fontefico. Nomen est omen?
Assunta una posa da esperto, ho verificato positivamente, apprezzandone le note fruttate e il robusto tenore alcolico. Prezzo davvero onesto, visto che il ristorante vende la bottiglia a € 14 mentre l'azienda produttrice offre sul suo sito una confezione di 6 bottiglie a 60 euro.
Soddisfatto dalla lunga conversazione con gli amabili titolari, mi stavo finalmente accingendo a schiodare e pagare il conto, quando ho scoperto che lo stesso era stato offerto da Nino e Claudia, affettuosi oggi come trent'anni fa, cui va il mio sentito ringraziamento.

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