Più stabilimenti per richiamare i turisti 

Per Padovano (Sib) bisogna aumentare le concessioni. In regione sono 637 su 30 chilometri di costa che è lunga 136

PESCARA . È la riviera romagnola la “culla” delle imprese impegnate nelle attività di gestione di stabilimenti balneari. Lo sostiene un report di Unioncamere, secondo il quale, alla data dello scorso 30 giugno, in Italia operavano quasi 7mila imprese del settore, il 26% in più di 10 anni fa. L’ Abruzzo si difende, e secondo dati del Sib (il sindacato regionale dei balneatori), le imprese del settore sono 637 (di cui 120 a Pescara), localizzate su una fascia di una trentina di chilometri di litorale. Un’occasione di sviluppo mancata, sostiene Riccardo Padovano, segretario regionale del Sib, dal momento che «la costa abruzzese è lunga circa 136 chilometri». Secondo Padovano, dunque, il numero delle concessioni potrebbe aumentare, «con evidenti benefici su occupazione e turismo, perché», dice, «se qui i turisti non arrivano, o ne arrivano molti meno rispetto ad altre località, è proprio per la mancanza di questo tipo di infrastrutture». E non è vero, per Padovano, che un eventuale aumento di concessioni danneggerebbe quelle esistenti, «perché la gente va dove trova ciò che desidera». Insomma, c’è spazio per tutti. In Abruzzo i numeri del turismo balneare parlano di 3,9 milioni di presenze in tutta la regione. «Basti pensare», osserva il segretario del Sib, «che nella sola Cesenatico il numero di turisti è di circa 4,2 milioni». Ovvio, specifica Padovano, che dal computo dei circa 100 chilometri ancora disponibili vanno sottratte le aree Sic e, in generale, tutte quelle sottoposte a tutela ambientale, «ma le opportunità ci sono, e la scelta di attrezzare nuovi tratti, in questo senso, la devono fare i 19 comuni costieri. Le spiagge libere, dove tra l’altro manca il servizio di salvataggio, sono un costo per l’ente pubblico» che deve provvedere comunque alla loro manutenzione. L’Abruzzo dispone di diverse tipologie di spiagge, sottolinea ancora Padovano: da quella sabbiosa a quella rocciosa, dalla spiaggia ghiaiosa a un mix di sabbia, rocce e scogliere sommerse». Anche il cliente, sottolinea Padovano, è cambiato molto negli ultimi anni. «Oggi le persone che vengono al mare sono molto più esigenti, e la carenza di ricettività, in questo senso, non consente ai tour operator di inserire l’Abruzzo nei grandi circuiti dell’accoglienza turistica, e oggi ne stiamo pagando le conseguenze con il calo delle presenze turistiche». Nella classifica nazionale la predominanza delle località romagnole emerge chiaramente dalla graduatoria elaborata da Unioncamere dei comuni italiani con il maggior numero di realtà imprenditoriali del settore. Nei primi cinque posti si trovano, infatti, Ravenna, Cervia, Rimini e Riccione. Se si aggiungono le 112 imprese di Cesenatico (in settima posizione), i cinque comuni romagnoli totalizzano 745 realtà imprenditoriali, il 70% di tutte le infrastrutture della riviera romagnola e l’11% del totale nazionale.
Subito a ridosso, l’industria della balneazione vede sul podio due destinazioni “storiche” per gli amanti del mare italiano: la Toscana, con 892 attività distribuite lungo 397 km di costa (2,2 imprese ogni km) e la Liguria, con 801 imprese a presidiare 330 km di litorale (2,4 ogni km). «Dal 2009 la corsa a gestire le attività di divertimento sulle coste dello Stivale (incluse quelle di laghi e fiumi)», osserva Unioncamere, «ha portato ad un incremento complessivo di imprese del 26,3% pari a 1.421 unità in più. Se è vero che la presenza di imprese in questo settore si concentra maggiormente nelle regioni del Centro-Nord, le protagoniste della crescita nell’ultimo decennio sono però le regioni del Sud, decisamente lanciate al recupero delle posizioni».