Porto Pescara, è allarme: "Fondali troppo bassi servono nuovi lavori"

Gli operatori: no a dragaggi tampone, si rischia un nuovo stop L’insabbiamento si risolverà con la canalizzazione del fiume

PESCARA. Il rischio ventilato dagli operatori commerciali è andare incontro a una nuova drammatica chiusura del porto «al più tardi tra dicembre e gennaio». Con tutte le conseguenze del caso che, a cascata, andrebbero a colpire i traffici marittimi appena ripristinati, le decine di lavoratori delle aziende che ruotano intorno allo scalo e l’economia stessa di Pescara, che proprio in questi giorni sta pian piano alzando la china trainata dall’effetto Snav. Il ripristino dei collegamenti estivi con la Croazia, infatti, non rappresenta un intervento risolutivo se, in contemporanea, la politica non mette mano a un intervento radicale per cambiare il profilo dell’infrastruttura cittadina. La richiesta, rivolta alla nuova amministrazione di centrosinistra, è di imprimere un’accelerata all’adozione del piano regolatore portuale, rimasto per mesi nei cassetti della Regione a causa dei ritardi nella Valutazione ambientale strategica e infine bloccato durante l’ultimo consiglio comunale, convocato in piena campagna elettorale. La discussione in aula sulla ratifica dell’intesa tra Comune e Direzione marittima è stata inserita all’ordine del giorno della seduta di venerdì prossimo.

«Bisogna fare presto», avvertono Marco Santori e Gianni Leardi dell’agenzia marittima Sanmar, «non possiamo più permetterci di buttare al vento milioni di euro per realizzare interventi di dragaggio tampone che alla lunga non risolvono il problema dell’insabbiamento dei fondali. Non sono ancora disponibili le batimetrie ufficiali della Capitaneria di porto, ma in base alle nostre stime la profondità del bacino commerciale si è attestata intorno ai 5 metri rispetto ai 6,5 metri promessi. Considerata la portata continua del fiume, vuol dire che entro la fine dell’anno avremo una quota di fondale così bassa da non permettere il transito delle navi mercantili». I 15 milioni di euro necessari alla realizzazione del primo lotto del piano regolatore portuale sono inseriti nell’accordo Stato-Regione del 2009. La somma, necessaria per la canalizzazione del tratto finale del fiume Pescara e per il prolungamento del corso d’acqua oltre la diga foranea, sulla carta consentirebbe di risolvere in maniera definitiva il problema dell’insabbiamento dello scalo e dell’accumulo dei detriti all’interno del bacino commerciale. Un’opera di importanza fondamentale per una pianificazione a lungo termine dei traffici marittimi. Ma se non realizzata darebbe vita a un nuovo stallo dopo l’emergenza dragaggio dello scorso anno e lo sperpero di 13 milioni di euro per rimuovere il fango e la sabbia accumulata sui fondali del porto.

«Se lo scalo resta strutturalmente in queste condizioni», chiosa il pilota Leonardo Costagliola, «Pescara sarà tagliata fuori dal mercato dei collegamenti marittimi. Le compagnie, Snav compresa, stanno sostituendo i catamarani con i traghetti per il trasporto di mezzi e passeggeri. Si tratta di imbarcazioni tra i 150 e i 220 metri di lunghezza che hanno costi nettamente inferiori e ricavi maggiori. Ad oggi le navi di grosse dimensioni non possono entrare nel nostro porto, ma questo problema sarebbe risolto con la realizzazione del prolungamento del fiume oltre la diga foranea».

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