Pozzi di petrolio in Adriatico, la Croazia lancia la gara per estrarre 3 miliardi di barili

All’asta 29 concessioni, distribuite su 12 mila chilometri quadrati di mare, lungo la linea di confine delle acque territoriali italiane. L’allarme di Prodi: si tratta di giacimenti che si estendono nelle acque territoriali di entrambi i paesi

In Adriatico un metro più a est o uno più ovest può avere un valore economico determinante per le compagnie petrolifere. Quella linea immaginaria che segna in mare i confini croati e italiani rischia di diventare il limite tra ciò che si può e ciò che non si può fare in relazione allo sfruttamento di idrocarburi. Il nostro dirimpettaio balcanico ha lanciato una maxigara per la ricerca e lo sviluppo di giacimenti su 12 mila chilometri quadrati di mare. Sono divisi in 29 concessioni, dovrebbero fruttare circa 3 miliardi di barili di petrolio e sono proprio lì: al confine tra l'Italia e la Croazia. Anzi, come dice l'ex premier Romano Prodi, «si tratta di giacimenti che si estendono nelle acque territoriali di entrambi i paesi». In pratica petrolio anche italiano, dal quale l'Italia non riuscirebbe a ricavare un euro, ma che si riverserebbe e danneggerebbe le nostre coste in caso di incidenti. Perché, come già detto, il limite tra il dove si può o on si può estrarre e solo una linea immaginaria.

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La politica croata in tema di sfruttamento del petrolio in Adriatico è chiara. «Possiamo diventare una piccola Norvegia, con gas a nord e petrolio a sud», ha detto il ministro degli esteri Ivan Vrdoljar, in una dichiarazione riportata dal Sole 24 Ore, «possiamo diventare un gigante energetico dell’Europa». E alle parole seguono i fatti. Zagabria a ha bandito un’asta per assegnare 29 concessioni su 12 mila chilometri quadrati di mare. Nella gara sono pronti a sfidarsi a suon di rilanci milionari tutte le grandi major mondiali, dalla Shell a Exxon, compresa l'italiana Eni. Già a novembre si conosceranno i vincitori e all'inizio 2015 partiranno le perforazioni.

Tempi rapidi che hanno un solo obiettivo: anticipare Roma e accaparrarsi i migliori giacimenti nel mare comune. «La gran parte delle trivellazioni - spiega Romano Prodi in un intervista rilasciata nei giorni scorsi al Messaggero - si trova lungo la linea di confine delle acque territoriali italiane, al di qua delle quali ogni attività di perforazione è bloccata. Si tratta di giacimenti che si estendono nelle acque territoriali di entrambi i paesi ma che, se non cambierà la nostra strategia, verranno sfruttati dalla sola Croazia». E il tutto in barba agli ambientalisti italiani.

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