Il ROMANZO

Pubblicato Un padre, nuovo libro del prof pescarese Amicantonio

PESCARA. «Quando sono venuto al mondo, sbucando da una piccola feritoia di luce, non potevo sapere se avevo anche un padre. Nessuno lo può sapere. Forse era lì, a qualche metro dalle mie lacrime. Le...

PESCARA. «Quando sono venuto al mondo, sbucando da una piccola feritoia di luce, non potevo sapere se avevo anche un padre. Nessuno lo può sapere. Forse era lì, a qualche metro dalle mie lacrime. Le prime che abbia mai versato. Forse voleva me, ma ho vissuto per decenni senza saperlo, sotto il peso ingombrante di una solitudine forzata. Sono stato un uomo senza padre. Forse». Con il dolente riconoscimento del vuoto lasciato da una paternità sempre assente, si apre “Un padre” (Ianieri Edizioni, 2012), il nuovo romanzo del pescarese Claudio Amicantonio, professore di storia e filosofia, studioso del pensiero di Severino e Rosenzweig, che col il suo romanzo d’esordio, “Un caffè, forse” (Edizioni Tracce, 2010), aveva riscosso un forte successo di pubblico e critica, rendendo molto attesa l’uscita di questa seconda prova narrativa. Una storia di cui l’esergo sopra citato anticipa i temi essenziali del testo, i nuclei di dolore che ineriscono l’esistenza di tutti noi: la vita come alternanza struggente di privazione e desiderio, la morte come limite invalicabile, la parola e la memoria quali fonti privilegiate di pìetas nei confronti di noi stessi e degli altri, la tragedia di essere figli di padri silenziosi e distanti, la tragedia di divenire prima o poi padri condannati a replicare il vuoto subito. Protagonista è un uomo, con il quale è difficile non identificarsi, che, in una città qualunque, subisce il dramma di un padre semisconosciuto, il quale, ricoverato in una clinica privata a causa di un male incurabile, preferisce la via del suicidio a quella della lenta agonia; questo gesto così forte, che miracolosamente non lo priva della vita ma lo riduce ad un inerme stato vegetativo, toglie al figlio la possibilità di urlargli in faccia tutta la propria rabbia, il disgusto per averlo lasciato nel buio di una madre crudele, d’averlo abbandonato alla durezza della vita senza un minimo segnale di partecipazione. Accade, così, che la forza inaspettata del padre in fin di vita spinge quest'uomo a ricostruire un'identità che non è solo la sua e quella della propria famiglia, ma dell'intera civiltà occidentale, balzata dal patriarcato dei doveri ad una voragine fatta di porte sbattute in faccia all’avvenire. Un vertiginoso risalire la corrente dei ricordi che innesca una riflessione amara, ma necessaria, sulla greve condizione di essere uomini votati allo scacco della felicità, un romanzo intenso, commovente, un omaggio segreto all'amore grazie al quale ogni donna è in grado di salvare il destino di un uomo.

Federica D’Amato

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