Quanti errori in vent’anni

Depuratore insufficiente, scarichi abusivi e diga: ecco le cause dell’inquinamento

PESCARA. Depuratore insufficiente. Fosse biologiche senza manutenzione. Scarichi abusivi. Diga foranea. Sono solo alcune delle cause dell’inquinamento del mare di Pescara. Un inquinamento che parte da lontano, da errori ed omissioni commessi per più di vent’anni. Se oggi alcuni tratti del litorale non sono balneabili lo si deve alle scelte, o alle mancate scelte, degli amministratori locali che si sono succeduti dagli anni Novanta.

E solo si cerca di porre rimedio con operazioni faraoniche che richiedono milioni di euro di spesa per tentare di salvare la stagione turistica già cominciata. Negli ultimi dieci anni la popolazione è addirittura diminuita da 123mila a 116mila abitanti, ma è cresciuto il numero di case. La città di oggi non è più quella di dieci o vent’anni fa, ma i sottoservizi e le infrastrutture non si sono adeguati.

Una recente ricerca commissionata dall’Adiconsum a un esperto del settore Giuseppe Padula, responsabile per tanti anni del settore Depurazione del Comune, sostiene che «il problema è complesso ed è difficile da risolvere nell’immediato».

Emergenza depuratori. Le cause che hanno determinato un peggioramento del mare nel corso degli ultimi vent’anni sarebbero in tutto sette. La prima è la depurazione delle acque. «Lungo l’asta fluviale del Pescara», spiega il vice sindaco e assessore al demanio Enzo Del Vecchio, «ci sono 114 depuratori, ma secondo alcune stime il 70 per cento di questi non funzionerebbe bene». Questo significa che una parte delle acque reflue non viene depurata e finisce direttamente nel fiume. Questo fenomeno avverrebbe da anni, ma nessuno ha fatto niente finora per fermarlo.

Gravi problemi si registrano anche al depuratore di Pescara, in via Raiale. L’impianto ha una portata media di 60mila metri cubi al giorno ed è al limite, ma nei mesi scorsi si sono registrati anche dei picchi che hanno portato a superare gli 80mila metri cubi. «Il depuratore, che nel frattempo avrebbe dovuto essere potenziato e reso idoneo a servire una popolazione, tra residenti e turisti, di circa 300mila abitanti», fa presente la ricerca dell’Adiconsum, «ha urgenza di interventi in merito alla capienza, all’affidabilità, all’abbattimento del rumore, alle emissioni in atmosfera in fase di esercizio, al trattamento dei fanghi». Inoltre, c’è il problema dei cosiddetti sfiori, o troppo pieni. In caso di piogge abbondanti, il depuratore va in sovraccarico e l’apertura dei troppo pieni determina lo sversamento dei liquami direttamente nel fiume. Ora, ricorda Del Vecchio, ci sono 8 milioni di euro di fondi Fas per potenziare il depuratore di Pescara, ma i tempi per questa operazione non saranno di certo brevi.

Il mistero delle fosse biologiche. Quante siano effettivamente le cosiddette fosse imhoff nessuno lo sa. Per decenni in tutta la provincia di Pescara sono state costruite abitazioni ricorrendo alle fosse biologiche per la mancanza delle fogne. Questo sistema ha determinato una giungla, perché le fosse sono state costruite senza alcun controllo. E la loro manutenzione, ossia lo svuotamento delle fosse, risulta talvolta molto carente. Tentare di allacciare questi scarichi a nuove condotte fognarie richiederebbe un costo irraggiungibile.

Acque piovane nelle fogne. In molte zone della città le cosiddette acque bianche, ossia quelle delle piogge, confluiscono direttamente nelle condotte fognarie causando una portata eccessiva al deputatore. Per tanti anni le condotte sono stati realizzate così e non in maniera separata. Solo ora si sta cercando di porvi rimedio. «In alcune strade, come via del Circuito e via Misticoni», fa presente Del Vecchio, «siamo già intervenuti per collegare le caditoie a nuovi scarichi. Ma per sistemare tutta la città ci vorrebbero decine di milioni di euro».

Scarichi abusivi. Nel giro degli ultimi mesi, l’Aca e il Comune ne hanno scoperti più di 50. Ma per anni i controlli non sono mai stati fatti. Le fogne abusive hanno sversato milioni di metri cubi nel fiume. «Facendo la somma di sfioratori e fogne non intercettate», rivela la ricerca dell’Adiconsum, «i potenziali scarichi nel fiume Pescara, sponda nord, dovrebbero essere almeno dieci, di cui cinque già intercettati dal Dk15 (la condotta che sta realizzando l’Aca sulle due golene, ndr). Tra la zona sud e quella nord del fiume esistono potenzialmente almeno diciannove immissioni inquinanti».

Diga foranea. Costruita nel 1994 per salvaguardare il rientro dei pescherecci in porto durante le mareggiate, la diga foranea è stata definita la madre di tutti i problemi di inquinamento del mare. Lo evidenzia bene anche lo studio dell’Adiconsum. «Prima della costruzione della diga foranea», si legge, «l’inquinamento del mare, in corrispondenza della foce del fiume Pescara era molto limitato. Se si ricorda bene, le ordinanze riguardanti i divieti di balneazione si riferivano a tratti di circa 200 metri a nord e a sud della foce del Pescara e di 150 metri a nord e a sud della foce del torrente Vallelunga». «Negli anni successivi, invece», prosegue il dossier, «in particolar modo alla foce del Pescara, i divieti hanno man mano interessato una zona di mare in estensione, a nord fino a via Mazzini e, nella zona sud, fino al teatro D’Annunzio e anche oltre». «La causa dell’inquinamento», conclude, «veniva all’epoca erroneamente attribuita alle immissioni in mare provenienti dagli impianti di sollevamento di via Balilla e via Mazzini. Era sufficiente, invece, prendere in considerazione le foto aeree per rendersi conto delle gravi conseguenze causate al fiume dall’effetto tappo della diga».

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