Quei pontini trappole mortali Le contromisure: pompe e sonde

L’AQUILA. Gli allagamenti nei sottopassaggi, come quello che ieri ha provocato la morte di una donna a Pescara, rappresentano uno degli aspetti più delicati nella gestione della viabilità sulle...

L’AQUILA. Gli allagamenti nei sottopassaggi, come quello che ieri ha provocato la morte di una donna a Pescara, rappresentano uno degli aspetti più delicati nella gestione della viabilità sulle strade nel nostro Paese. Un sistema infrastrutturale probabilmente inadeguato alle condizioni attuali, in primo luogo per le caratteristiche degli insediamenti urbani. Per Maurizio Leopardi, professore di Costruzioni idrauliche e Idrologia alla facoltà di Ingegneria dell'Aquila, l’urbanizzazione del territorio rappresenta uno dei fattori di maggior rischio alluvionale. «Il sistema che garantisce il drenaggio delle acque nelle nostre città», spiega, «è stato realizzato negli anni passati, così come tutti gli impianti fognari. Quello che cambia è la presenza di maggiori quantitativi d’acqua da gestire e questo», sottolinea, «non dipende solo da un aumento delle precipitazioni. Oggi, forse, non ci si rende mai conto abbastanza di quanto, progressivamente nel tempo, sia diventato più veloce l'afflusso delle acque piovane verso le città. C'è stata una maggiore percentuale di ruscellamento, ossia lo scorrimento delle acque sulla superficie del terreno che si verifica quando non riescono a penetrare in profondità perché è stata superata la capacità di infiltrazione che caratterizza il terreno stesso».

Leopardi valuta che, rispetto a cinquant’anni fa, quando le aree erano molto meno urbanizzate e la superficie pavimentata (tetti e asfalto) era minore, oggi, la presenza di numerosi insediamenti urbani, congestiona il sistema fognario, con conseguenti danni e pericoli. «Quello che si può fare», valuta, «è potenziare il sistema di pompe di aspirazione in corrispondenza dei sottopassi, quegli impianti che servono a tirare via l’acqua. Certo», aggiunge, «queste pompe sono elettriche e, in caso di black out, diventano inutili, come è successo tre anni fa qui all’Aquila, nella zona di Pile». Di fatto, come ricorda Sandro Colagrande, anche lui docente di Ingegneria all’Aquila, i limiti urbanistici e infrastrutturali dovrebbero spingere le autorità locali a fare prevenzione transennando le strade a rischio. E c’è chi parla della possibilità di diffondere l’installazione di sonde particolari, in grado di orientare i semafori a ridosso dei sottopassi in caso di allerta. Ma la sfida non è solo tecnologica. «Possiamo investire tutte le nostre risorse nella ricerca e in tecnologie avanzate», commenta Luciano Ardingo del gruppo Spee specialista in sistemi di sicurezza, «ma per ottenere risultati, dobbiamo essere pronti a cambiare il nostro approccio concettuale alla prevenzione».