Rapina 21 giorni prima del delitto: sul casco c’è l’impronta di Nobile 

I carabinieri del Ris scoprono tracce genetiche sulla visiera: significa che l’arrestato per il delitto Albi ha partecipato all’assalto a Cepagatti. Ora gli esami avvalorano la testimonianza del complice Mancini

PESCARA. Gli esami genetici effettuati dagli specialisti dei carabinieri del Ris di Roma sul casco che uno dei rapinatori del Centro Agroalimentare di Cepagatti, l’11 luglio dello scorso anno, fu costretto a lasciare sul luogo del colpo, fanno segnare un punto importante in favore della procura: su quel casco c’è traccia del dna di Cosimo Nobile. E questa scoperta potrebbe portare a una svolta anche l’inchiesta sull’omicidio lungo la strada parco.
Nobile, insieme a Maurizio Longo, è uno degli indagati per la rapina: stando agli atti dell’indagine, i due sarebbero stati gli esecutori materiali del colpo che fruttò un bottino di 28mila euro sottratti alla guardia giurata, mentre gli altri arrestati, Fabio Iervese e Renato Mancini, avrebbero svolto un ruolo di supporto logistico esterno. Ebbene, lo scorso marzo, nel corso di un incidente probatorio – voluto peraltro dai difensori di Nobile, gli avvocati Luigi Peluso e Massimo Galasso –, il gip ha affidato l’incarico ai Ris che nei giorni scorsi hanno depositato le loro conclusioni che verranno discusse nel corso dell’udienza fissata per il 15 giugno.
Un passaggio tecnico estremamente importante per il pm Luca Sciarretta, titolare dell’inchiesta, in quanto permette di far emergere la prova della partecipazione di Nobile a quell’episodio: circostanza che rende la posizione dell’indagato piuttosto pesante anche per altri motivi. Oltre a provare la sua presenza al Centro agroalimentare, confermata appunto dall’impronta digitale sul visierino parasole a scomparsa del casco che indossava uno dei rapinatori (Nobile appunto) e che si sganciò quando il rapinatore prese i soldi e la pistola della guardia giurata, questo passaggio tecnico rafforza la credibilità del teste-rapinatore, Renato Mancini, che ha confessato al pm la sua partecipazione al colpo, chiamando in causa anche gli altri tre complici. Non solo, ma se Mancini è credibile quando afferma questa circostanza, perché non dovrebbe esserlo quando sostiene che subito dopo il colpo, quando andarono in un appartamento di Porta Nuova a dividersi il bottino, quella pistola della guardia giurata la prese con sé Nobile perché «gli serviva»: e quell’arma, è stato accertato dalla polizia scientifica, è la stessa che, a distanza di pochi giorni, uccise l’architetto Walter Albi e ferì gravemente l’ex calciatore Luca Cavallito. L’agguato mortale nel bar del Parco risale al 1° agosto del 2022 e cioè un paio di settimane dopo il colpo al Cepagatti. E per quell’inchiesta sul delitto, Nobile è attualmente in carcere in quanto ritenuto il killer che agì su incarico del mandante, Natale Ursino, un calabrese collegato alla ’ndrangheta, scarcerato dai giudici aquilani dopo il riesame: un’inchiesta che nei fatti è strettamente collegata alla rapina.
Ma questo incidente probatorio diventa ancora più interessante in quanto dà un nome anche a delle tracce genetiche che sempre i Ris hanno trovato su alcuni reperti analizzati in un altro caso: l’omicidio di Albi. Su quei reperti non erano state trovate tracce di Nobile o di altri suoi presunti complici, ma tracce di tre soggetti ignoti: ebbene, una di queste tracce genetiche corrisponderebbe a Maurizio Longo che, nell’inchiesta sul delitto, non è indagato. Longo attualmente è in carcere ma solo perché, una volta individuato e indagato in quanto ritenuto uno dei quattro autori della rapina al mercato, gli sono stati immediatamente revocati i benefici dei servizi sociali. I Ris, che avevano avuto il dna dei quattro presunti rapinatori, e quindi anche di Longo, hanno incrociato i dati di quest’ultimo con quelli dei soggetti ignoti (1, 2 e 3) presenti su quei reperti legati all’omicidio, scovando «una piena concordanza» con l’ignoto 2: Maurizio Longo. E quindi ora si apre un altro scenario nell’inchiesta sull’omicidio nelle mani del procuratore Giuseppe Bellelli, dell’aggiunto Anna Rita Mantini e del sostituto Andrea Di Giovanni. Gli inquirenti dovranno vagliare più attentamente la posizione di Longo per quel dna sui reperti.