Rifiuti nascosti, 10 anni per trovare i colpevoli

Gli agenti della forestale nel 2007 li scoprirono sotto terra. Conti: «Abbiamo sempre lavorato bene»

PESCARA. Dieci anni e 8 giorni. Tanto ci è voluto per arrivare alla sentenza di ieri con 10 condanne per la discarica di Bussi, la più grande d’Europa con le sue 600-700 tonnellate di rifiuti tossici seppelliti sotto terra tra il fiume Tirino e il fiume Pescara. Quei rifiuti li scoprirono il 9 febbraio del 2007, un venerdì, gli agenti della forestale di Pescara, all’epoca guidati dal comandante Guido Conti: una ruspa bucò il terreno di località Tre Monti, sotto al viadotto dell’A25 per Roma, e si sprigionò una nuvola di fumo rosso. Si presentarono così i veleni nascosti. La sentenza di ieri, dopo le assoluzioni del 2014 in Corte d’Appello a Chieti, sembra quasi un risarcimento per gli investigatori che scoprirono la discarica: «Evidentemente avevamo lavorato bene e l’abbiamo fatto in silenzio, sempre in assoluto silenzio», dice Conti, ora al vertice della forestale in Umbria. Solo poche parole che, a distanza di 10 anni e 8 giorni, testimoniano l’impegno di chi, senza paura, avviò un’indagine contro un colosso della chimica italiana.

È una storia lunga quella della discarica di Bussi, una discarica autorizzata da Provincia di Pescara e Regione Abruzzo nel 1972, poi finita nel dimenticatoio tanto da essere poi definita «abusiva», come se nessuno ne avesse saputo mai niente. E invece i documenti scoperti dalla forestale raccontano un’altra verità. L’indagine nacque quasi per caso quando, prima la polizia provinciale e poi la forestale, si misero sulle tracce di sostanze inquinanti nei pozzi dell’acqua potabile di Colle Sant’Angelo a Tocco da Casauria. Raccogliendo testimonianze, gli investigatori arrivarono a Tre Monti. Quel venerdì nessuno avrebbe potuto pensare a un disastro capace di dispiegare i suoi effetti fino a Chieti e al mare di Pescara. E invece, da quel momento, l’indagine, coordinata dall’allora pm di Pescara Aldo Aceto, prese un’altra piega e da storia di provincia s’impose a caso nazionale grazie ai rifiuti tossici, chiusi nei sacchi con il logo Montedison e messi sotto terra.

Dopo la (ri)scoperta della discarica – un sito di stoccaggio temporaneo, solo per 8 mesi del 1972, su cui poi calò il disinteresse – iniziò un percorso a ostacoli: due anni dopo, la procura chiese i primi rinvii a giudizio per avvelenamento delle acque a carico di 19 imputati, quasi tutti dirigenti Montedison. Il 10 maggio 2011 arrivarono i rinvii a giudizio ma con riqualificazione del fatto da avvelenamento ad adulterazione di acque. E questa svolta è il primo intoppo della storia giudiziaria di Bussi: le difese degli imputati sollevarono il caso dell’incompetenza del tribunale di Pescara e, siamo al 26 marzo 2012, gli atti tornarono alla procura che dovette riformulare una nuova richiesta di processo alla Corte d’Assise di Chieti. Un caso unico in Italia: i veleni dell’ambiente trattati nelle aule in cui si discute di omicidi. Da questo momento, 12 aprile 2012, passò oltre un anno per l’apertura del dibattimento. E il 7 febbraio 2014, a processo ormai iniziato, ecco un altro colpo di scena: ricusato il presidente della Corte, Geremia Spiniello, a causa di dichiarazioni in televisione sul processo in corso. Spiniello è stato sostituito da Camillo Romandini, il giudice che il 19 dicembre 2014 ha assolto i 19 imputati dal reato di avvelenamento delle acque e derubricato il disastro doloso in colposo spalancando la strada alla prescrizione. È lo stesso Romandini sul quale pende ancora un procedimento disciplinare del Csm per le dichiarazioni sul caso durante una cena in pizzeria alla vigilia della sentenza. La procura, con i pm Anna Rita Mantini e Giuseppe Bellelli, ha presentato ricorso in Corte di Cassazione (18 marzo 2016): la Cassazione ha convertito il ricorso in appello e trasmesso gli atti alla Corte d’Assise d’Appello dell’Aquila. «Il processo, e prima ancora le indagini, hanno sofferto di una lunga protrazione», conferma la relazione su Bussi della commissione d’inchiesta parlamentare sul Ciclo dei rifiuti. Dieci anni e 8 giorni: 10 condanne sono arrivate, ora, a Bussi si aspetta la bonifica.

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