Rosso rubino

È un grande classico, quello che alla fine portano al tavolo. L'ho scelto proprio per questo, e perché, in fondo, per me il vino abruzzese è solo il Montepulciano.

Guardo il ragazzo seduto di fronte a me, nello stesso ristorante che ha contrassegnato tutte le estati della mia infanzia. Lui è una delle poche persone della mia vita con cui bere un bicchiere di vino non significa "quello della casa, grazie". Lui sa apprezzare un buon calice, forse anche più di me, visto che a livello tecnico è molto più preparato. La cameriera stappa il Montepulciano; versa, fa assaggiare e, ottenuto il via libera, riempie i bicchieri e se ne va. Io allungo la mano e giro la bottiglia, per mostrare a lui l'etichetta. Cantina Gioie di Fattoria, annata 2009. Non dico niente, voglio che si goda il primo sorso e che non si lasci influenzare sulle sensazioni. Ma prima, un brindisi: a noi, alla serata, a quell'atmosfera soffusa delle colline teramane al tramonto. E poi giù col primo sorso.

Lo guardo attraverso il vetro del bicchiere, subito sopra l'orlo rosso rubino del vino. Prima annusa, poi fa roteare leggermente il calice, e solo alla fine assaggia. Le mosse che sembrano una ridicola affettazione acquistano senso, se solo si capisce cosa c'è dietro. "È morbido" è il suo primo giudizio. Lo dice quasi con stupore, perché con quella gradazione (14.5) non è usuale. "Profumato ma non aggressivo. È buono!"

Piego leggermente la testa, a ringraziare, quasi che il complimento sia stato fatto a me.

"Lo so" dico sorridendo. E assaggio a mia volta. Mentre lui si lancia in disquisizioni tecniche sui tannini equilibrati, il sentore di oliva e il retrogusto di macchia mediterranea, io quasi mi astraggo per quello che invece quel vino suscita in me. Le tavolate con i parenti, gli amici che se lo scolano d'un fiato, e ora lui. Lo guardo; mi restituisce l'occhiata perplesso, non capisce a cosa penso. Gli sorrido.

E' una serata perfetta e il Montepulciano è la giusta colonna sonora.