«Sanità, l’Abruzzo primeggia nel Sud» 

Ma il rapporto Gimbe avverte: «L’Autonomia regionale spacca in due l’Italia e penalizza le regioni del Meridione»

PESCARA. L’Abruzzo primeggia tra le Regioni del Sud per i Livelli essenziali di assistenza. Ma l’Autonomia differenziata penalizzerà fortemente anche la nostra regione. «Il Ddl Calderoli, approvato dal Senato e ora in discussione alla Camera, potrebbe segnare un punto di non ritorno nell’equità dell’assistenza sanitaria tra le Regioni italiane in un contesto caratterizzato dalla grave crisi di sostenibilità del Servizio Sanitario Nazionale».
Lo scrive la Fondazione Gimbe nel report “L’autonomia differenziata in sanità” che esamina le criticità del testo della riforma e analizza il potenziale impatto sul Ssn delle maggiori autonomie che saranno riservate alle Regioni anche in materia di tutela della salute. Un’Italia ancora più divisa in due, con il Sud che resterà indietro e peggiorerà nel campo delle liste d’attesa, la mobilità passiva e i Livelli essenziali di assistenza, a tutto vantaggio delle regioni del Nord, in particolare di quelle tre Regioni che sponsorizzano il Ddl Calderoli, ovvero Emilia Romagna, Lombardia e Veneto. E questo accadrà perché il Sud parte già con molti handicap. Così, in sintesi, dice il report che disegna il quadro a cominciare dai Livelli essenziali di assistenza.
PRIMI DA DOPO IL NORD
I Lea, cioè le prestazioni sanitarie che le Regioni devono garantire gratuitamente o previo il pagamento del ticket, valutati con una griglia che nel decennio 2010-2019 vedevano nelle prime dieci posizioni solo le Regioni del Nord, e nelle prime cinque proprio quelle che hanno richiesto maggiori autonomie.
Con il Nuovo Sistema di Garanzia, che ha sostituito la griglia dei Lea, nel 2020 delle undici Regioni adempienti l’unica del Sud era la Puglia, a cui nel 2021 si sono aggiunte la Basilicata e l’Abruzzo, che ora, in base ai dati più recenti, guida la classifica del Meridione. Ma è preceduta da tutte le regioni nordiste, con l’eccezione della Valle d’Aosta e della Provincia autonoma di Bolzano, come riporta la tabella che pubblichiamo in pagina.
SIAMO A QUOTA 82,6 ANNI
Nel 2022, a fronte di un’aspettativa di vita alla nascita di 82,6 anni (media nazionale), si registrano notevoli differenze regionali: dagli 84,2 anni della Provincia autonoma di Trento agli 81 anni della Campania, un gap di ben 3,2 anni.
E in sette delle otto Regioni del Mezzogiorno l’aspettativa di vita è inferiore alla media nazionale, «spia indiretta della bassa qualità dei servizi sanitari regionali», si legge nel report della Fondazione Gimbe.
Il dato abruzzese invece si attesta proprio sugli 82,6 anni, ed è comunque il migliore del Sud Italia. Passiamo quindi all’analisi della mobilità sanitaria che conferma la forte capacità attrattiva delle Regioni del Nord e la fuga da quelle del Centro-Sud.
LA FUGA DAL SUD
Nel periodo 2010-2021 tutte le Regioni del Sud, Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Puglia, Sardegna, Sicilia, con la sola eccezione del Molise, hanno accumulato complessivamente un saldo negativo pari a 13,2 miliardi di euro, mentre sul podio per saldo attivo si trovano proprio le tre Regioni che hanno già richiesto le maggiori autonomie. Nel 2021 su 4,25 miliardi di valore della mobilità sanitaria, il 93,3% della mobilità attiva si concentrava in Emilia-Romagna, Lombardia e Veneto, mentre il 76,9% del saldo passivo gravava su Calabria, Campania, Sicilia, Lazio, Puglia e Abruzzo.
IL PIANO DI RIPRESA
Infine Gimbe rileva che il raggiungimento degli obiettivi della Missione Salute del Pnrr è rallentato dalle scarse performance delle Regioni del Centro-Sud: dagli over 65 da assistere in Adi con abnormi obiettivi di incremento di circa il 300% per Campania, Lazio, Puglia e oltre il 400% per la Calabria (l’Abruzzo fa però segnare il 134%), all’attuazione del fascicolo sanitario elettronico con percentuali di attivazione e alimentazione molto basse; dal numero di strutture da edificare (Case della Comunità, Centrali Operative Territoriali e Ospedali di Comunità), alla dotazione di personale infermieristico, ben al di sotto della media nazionale soprattutto in Campania, Sicilia e Calabria.
L’Abruzzo, in questa classifica, si piazza al quartultimo posto, con un rapporto di 4,56 infermieri per mille abitanti. Ma c’è da dire che Gimbe a dati del 2021 del Ministero della Salute e quindi non prende in considerazione le assunzioni e le stabilizzazioni di personale sanitario più recenti eseguite dalle quattro Asl abruzzesi.
LE CONCLUSIONI
«Le nostre analisi», dichiara Nino Cartabellotta, presidente della Fondazione Gimbe, «documentano dal 2010 enormi divari in ambito sanitario tra il Nord e il Sud del Paese e sollevano preoccupazioni riguardo all'equità di accesso alle cure. Complessivamente questi dati», spiega Cartabellotta, «confermano che in sanità, nonostante la definizione dei Lea nel 2001, il loro monitoraggio annuale e l’utilizzo da parte dello Stato di strumenti quali Piani di rientro e commissariamenti, persistono inaccettabili diseguaglianze tra i 21 sistemi sanitari regionali».
«Siamo oggi davanti ad una “frattura strutturale” Nord-Sud che compromette qualità dei servizi sanitari, equità di accesso, esiti di salute e aspettativa di vita alla nascita, alimentando un imponente flusso di mobilità sanitaria dal Sud al Nord. Di conseguenza», conclude Cartabellotta, «l’attuazione di maggiori autonomie in sanità, richieste proprio dalle Regioni con le migliori performance sanitarie e maggior capacità di attrazione, non potrà che amplificare le diseguaglianze già esistenti».
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