«Sarà una grande festa che lascerà il segno»

Cailotto (presidente del comitato organizzatore) si dice soddisfatto della scelta «Un’occasione di incontro ma anche una ricaduta positiva in termini economici»

L’AQUILA.

Migliaia di penne nere e cappelli verdi che spuntano dai caselli autostradali di mezza Italia e s’intensificano via via che ci si avvicina all’Abruzzo. È tra Giulianova e il traforo del Gran Sasso che quella degli Alpini diventa un’esplosione di camper, macchine, pullman che entrano in città. Mentre per le strade provinciali spuntano ciclisti in viaggio con manufatti riproducenti enormi cappelli alpini, oppure camminatori delle sezioni Ana che si sono messi in marcia dalla Lombardia, dall’Emilia Romagna, dal Veneto. E siamo solo all’inizio. Anzi, nemmeno all’inizio, perché per l’appuntamento vero e proprio con l’Adunata si deve aspettare ancora domani. «Non avete idea di quel che succederà qui da domani a domenica», prova a spiegare Luigi Cailotto (nella foto), che è presidente nazionale del Coa (il Comitato organizzatore dell’Adunata) quest’anno per L’Aquila, l’anno prossimo per Asti e nel 2017 per una delle tre città «in competizione»: Modena, Treviso e Firenze. Sorvolando su qualche polemica sollevata dalle opposizioni sulle ricadute economiche dell’Adunata sul territorio, Cailotto risponde dalla caserma Rossi (in via di dismissione dopo aver ospitato storicamente il Nono reggimento, ma ripulita e sistemata dall’Ana e messa a disposizione dell’Esercito come supporto logistico) che fino a domenica 17 maggio ospiterà 1200 persone arrivate da tutt’Italia.

Perché per il 2017 sono in lizza solo città del Nord?

«Perché quella alpina è una tradizione prevalentemente del Nord Italia. È da lì che avveniva storicamente la maggior parte del reclutamento».

Che idea si è fatta, al suo arrivo, dell’Adunata aquilana, e che emozione ha provato entrando in questa città terremotata che ha voluto l’Adunata come sfida per dimostrare che ce la può fare?

«Da un punto di vista organizzativo non ho ancora avuto il tempo di verificare “sul campo” la situazione, ma è certo che questa Adunata ha un certo appeal sugli Alpini. Ho percorso 600 chilometri da Vicenza, e ho visto penne nere dirette qui ovunque. Ho avuto una stretta al cuore quando uscendo dal casello dell’Aquila Ovest ho visto l’imbandieramento».

Quali sono i “numeri” di un’Adunata?

«Dipende molto dalle città che la ospitano. Per quanto riguarda i costi, almeno 800mila euro all’anno. Questa dell’Aquila è stata organizzata all’essenziale, quindi è costata anche meno. In città arriveranno tra le 400mila e le 500mila persone, Alpini e famiglie. Qui all’Aquila in particolare ci saranno penne nere di ritorno, che hanno fatto la leva militare anni fa. E poi coloro che hanno aiutato durante l’emergenza e che hanno la città nel cuore e molti Alpini che hanno fatto donazioni e vogliono venire a vedere cosa ne è stato fatto. Leggo di polemiche sul ritorno in termini economici sul territorio. Queste persone che polemizzano, veramente cascano dal pero... Il valore di un’Adunata si aggira intorno a due milioni di euro a livello complessivo, dei quali molti ricadranno sul territorio. A Pordenone, per esempio, il business locale è stato di 70 milioni di euro. Io penso che l’Adunata degli Alpini sia prima di tutto un fatto umano. Per noi Alpini, metterci a disposizione delle comunità che ci ospitano, è un dovere: dovere di restituire al Paese ciò che è stato dato a noi nella nostra esperienza di Alpini. L’Adunata ha una valenza culturale e deve essere anche un motivo di orgoglio. In ogni Adunata, poi, i benefìci sul territorio si traducono in opere di pubblica utilità, beneficenza e contributi all’Ana regionale. Il beneficio che andrà all’Ana Abruzzi è la ricostruzione della sede dell’Ana distrutta dal sisma a Bazzano».

Presidente, qual è il futuro degli Alpini ?

«Il nostro presidente nazionale Sebastiano Favero ha proposto al governo un rifacimento del servizio militare volto però al servizio civile, quel che vogliamo ripristinare è un servizio civile come educazione civica, e sembra che ci sia attenzione verso la proposta».

Un dispiegamento di forza organizzativa enorme. Quali infrastrutture garantirà l’Ana?

«Tutte le infrastrutture legate ai servizi di sicurezza, assistenza sanitaria, governo del territorio e rispetto della legalità. Tra tutte spicca l’ospedale da campo vicino al cimitero. È uno dei tre ospedali per il pronto intervento internazionali (a disposizione della Protezione civile), modernissimo e attrezzato per ogni emergenza. Basti pensare che era pronto a partire per il Nepal».

Marianna Gianforte

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