Scarichi abusivi e relitti, così il Pescara diventa marrone

In viaggio sul fiume inquinato insieme agli agenti della guardia di finanza. A caccia di scarichi abusivi nascosti tra la vegetazione selvaggia che nessuno controlla. Ecco il racconto di un fiume dimenticato

PESCARA. Sul fiume marrone, invaso dagli alberi cresciuti selvaggi, dai relitti delle barche, dai trabocchi abusivi e distrutti, anche il cigno che nuota con portamento regale ha sviluppato un istinto da predatore. Quando il gommone della guardia di finanza sfila sul fiume putrido, vittima degli sversamenti abusivi, il cigno lo attacca: morde il motore, addenta la plancia, cerca le mani di chi sta a bordo. È questa l’immagine che rappresenta lo stato del Pescara: un fiume nel degrado. «Scadente», secondo un dossier del Wwf sulla base di dati Arta: in un anno, denuncia l’associazione ambientalista, «il fiume vede peggiorare la condizione anche nel tratto intermedio di Popoli».

IL FIUME MALATO Il fiume che nasce benedetto a Popoli dopo l’incontro con l’Aterno, si ingrossa in cinquanta chilometri trasportando anche tronchi di alberi, veleni e immondizia. Il risultato è che il Pescara, con una portata media di sessanta metri cubi al secondo accogliendo anche l’affluente Tirino, è un fiume malato che aspetta la cura per guarire e sfuggire da una morte lenta e silenziosa: fino a oggi, la bonifica del fiume resta una dichiarazione d’intenti. La fotografia del fiume racconta che il colore dominante è marrone; l’immagine del fiume è segnata da tubi di scarico confusi nella vegetazione che cresce senza controllo; il fiume non si può navigare per la vegetazione selvaggia che, orfana della manutenzione, lo sovrasta. Dalla foce di Pescara, all’ombra del ponte del Mare, con il gommone della finanza si raggiunge Spoltore a fatica: andare ancora più avanti significa accettare il rischio di riportare danni alla barca.

GLI SCARICHI ABUSIVI A bordo del gommone, costretto a navigare a rilento causa manutenzione inesistente, si capisce perché il Pescara è marrone: sono gli scarichi abusivi, tubi dal diametro di un metro mimetizzati tra le foglie lungo le sponde, a inquinare il fiume. È per scoprire e censire questa miriade di scarichi abusivi che il Comune chiama a raccolta, oltre alla guardia di finanza, anche il corpo forestale, i carabinieri, la direzione marittima e gli esperti di Aca e Arta: tra un mese, via ai controlli. Durante una riunione, il 16 giugno, tra il sindaco Luigi Albore Mascia, l’assessore all’Ambiente Isabella Del Trecco e i vertici delle forze dell’ordine per dettare le direttive dei controlli, è stato lanciato un grido d’allarme: «Il dramma del fiume», per sindaco e assessore, «è rappresentato dagli scarichi abusivi ». Il fiume, diviso in sezioni, sarà passato al setaccio per scoprire cosa ci finisce dentro e chi inquina. L’obiettivo è tracciare «una mappatura aggiornata da consegnare alle autorità giudiziarie e avviare la bonifica e la chiusura degli scarichi».

I RELITTI ABBANDONATI Il paesaggio che si vede dal gommone del Roan, pilotato dal maresciallo aiutante Saverio Distaso con il brigadiere capo Rocco Grossano e l’appuntato scelto Donato Vitiello, non è quello di una città che sfrutta il fiume come una risorsa ma lo ignora e lo detesta perché rappresenta un ostacolo da oltrepassare: un percorso abbandonato, così si mostra il fiume. Anche il Trasponde, la zattera della movida ideata dalla facoltà di Architettura dell’università D’Annunzio per portare il popolo della notte nelle strade di Pescara vecchia, è ormeggiata tra le canne come un ammasso di legno, ferraglie e resina da buttare. Il Pescara è il fiume dei relitti: si perde il conto delle barche distrutte, tenute a galla da una fune consumata. C’è la barca divorata da un incendio, un’altra spaccata dalla forza dell’acqua nei giorni di piena, un’altra distrutta dal tempo che l’ha consumata. Guardando gli scheletri delle imbarcazioni, è chiaro che nessuno impone ai proprietari di rimuoverli e smaltirli: è come se il proprietario di un’auto da rottamare la lasciasse lungo la strada.

I TRABOCCHI DISTRUTTI Lungo il fiume marrone, anche le capanne abusive fatte di lamiere e i trabocchi tirati su con assi di legno sono la regola. Ci sono le rimesse per gli attrezzi agricoli mimetizzate nell’erba alta e i trabocchi instabili: su queste macchine da pesca sul punto di crollare, c’è anche chi prova a pescare.

LE DISCARICHE Sotto il ponte di Capacchietti, l’immondizia si ammassa: nell’intercapedine tra le campate di cemento del ponte c’è anche una valigia. È il prologo alle discariche abusive che si nascondono lungo il fiume marrone.

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