DROGA

Spaccio, il grande affare dall’Albania all’Abruzzo

Pescara è l’epicentro del commercio: il mercato è sempre nelle mani dei rom Che trattano i grossi quantitativi direttamente con i boss dei Balcani

PESCARA. Dalla singola dose di eroina pagata dai tossicodipendenti con un cellulare rubato fino alle ville con televisori da 50 pollici, vasche idromassaggio e arazzi sui muri intestate a disoccupati senza reddito, perfetti sconosciuti al Fisco. Sono gli estremi del grande affare della droga in Abruzzo. Perché le rotte dei Balcani passano per la nostra regione: dall’Albania all’Abruzzo, è questa la mappa della droga. Via terra o via mare. Una strada con itinerari a volte lunghi e tortuosi, all’apparenza inspiegabili, ma necessari per evitare i posti di blocco. Altre volte, invece, la droga sbarca dai gommoni. Ed è Pescara il crocevia dei traffici di droga. All’ingrosso e al dettaglio.

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Le mani dei rom. La Pescara città abruzzese dello shopping custodisce anche «un centro commerciale della droga»: se corso Umberto, corso Vittorio Emanuele e via Nicola Fabrizi sono le strade delle griffe, via Tavo, via Lago di Capestrano e via Lago di Borgiano sono le strade dello spaccio. I negozi non hanno vetrina ma sono nascosti negli appartamenti delle case popolari del quartiere Rancitelli. Spacciatori in fila, quasi sempre rom, per soddisfare i bisogni di droga non soltanto di Pescara ma anche del resto d’Abruzzo. Copiando il modello napoletano di Scampia: i tossicodipendenti dell’Abruzzo, ma anche di Molise e Marche, vengono a Pescara a rifornirsi di dosi perché Rancitelli offre sostanze stupefacenti in abbondanza e a prezzi concorrenziali e mette a disposizione anche i luoghi per iniettarsi subito la droga acquistata. Basta attraversare via Tiburtina per ritrovarsi in un rudere abbandonato di proprietà di un’impresa fallita ma adottato dai tossicodipendenti come un rifugio sotto gli occhi della città che va veloce: dalle finestre delle attività vicine, si vedono le persone con le siringhe in mano. Il Grande Fratello della droga. Qui gli sgomberi delle forze dell’ordine non bastano a frenare le incursioni: il mercato della droga va avanti nonostante tutto.

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L’aiuto degli insospettabili. A Rancitelli la droga circola ma, secondo gli investigatori, i depositi si trovano da un’altra parte, alla periferia delle città più importanti della regione e nei casolari in campagna, come è accaduto a Fossacesia con il maxi sequestro da due tonnellate di marijuana risalente all’11 aprile scorso. E tanti incensurati, i classici insospettabili, si prestano sempre di più a nascondere la droga dei rom in cambio di uno stipendio. Non è una leggenda ma lo raccontano le carte giudiziarie delle inchieste che si susseguono. All’apice della piramide, ci sono i rom e, scendendo verso gli ultimi gradini della manovalanza, spuntano anche i ragazzi che non trovano e non vogliono trovare lavoro: a Rancitelli fanno i pali, pronti a fischiare se arriva una pattuglia.

Boss in trasferta. Se Rancitelli è il negozio, le trattative per i grandi carichi si fanno altrove: un’indagine dei carabinieri nel 2008 ha dimostrato la presenza di un boss albanese, detto Cravattone, nella casa di una famiglia rom. Incontri nella villetta distante appena 450 metri dalla caserma dei carabinieri per trattare faccia a faccia la vendita di grosse partite di droga: e il boss albanese è arrivato a Montesilvano, dicono i verbali dei carabinieri, non una volta sola.

Albania export. Se i rom tengono in mano le redini del commercio, gli importatori sono gli albanesi: un’indagine della finanza del 2014 che ha portato alla scoperta di 30 chili di marijuana in un garage di Montesilvano ha scoperto che prima del maxi sequestro i due arrestati, un montesilvanese e un albanese operaio precario ma con 4.600 euro in tasca, avevano fatto un viaggio lampo in Albania. E l’Albania è la parola chiave dei traffici.

Concorrenza senegalese. Ma c’è un altro mercato in espansione: quello gestito dagli africani. Un’altra indagine della finanza con 19 arresti (2016) ha documentato che i senegalesi di Montesilvano comprano droga per rivenderla. Con il sogno di «fare tanti soldi, subito», come si dice nelle intercettazioni. L’indagine ha rivelato che i senegalesi si riforniscono di marijuana dai trafficanti albanesi ma, per l’eroina e la cocaina, il canale prediletto è quello dei rom locali. Che vendono sì, ma non tollerano ritardi nei pagamenti. E se ritardi ci sono, i rom intervengono con le minacce. La donna del capo senegalese, tra Montesilvano e Chieti, lo racconta così: «Ci hanno minacciato a tutte e due che se ci vedono a Montesilvano ci levano le macchine... ci picchiano e ha detto che se Abdou non paga i soldi, eh... hanno detto pure che sanno mio figlio dove va a scuola e che vanno a prendere mio figlio a scuola e menano mio nonno... Lo zingaro ieri sera mi ha chiamato a me, alle 11,30, e mi ha detto io ti vengo a cercare per tutta Chieti e se ti trovo con la macchina ti brucio pure la macchina, mi ha detto».

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