Storie di olmi e di vino

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L'olmo è albero benigno e complice. Da bambino, all'ombra della sua chioma larga, giocavo a scalare la sua corteccia rugosa e a lanciarne in aria i semi alati, che ricadevano a terra con lento planare a spirale, simili a tanti elicotteri vorticanti. Quando la prima lanugine cominciò a velarmi le guance, al riparo del suo tronco propizio vivevo le mie passioni adolescenti e fumavo cartocci di pannocchia. Incidevo la sua scorza porosa di lunghi geroglifici di cuori e iniziali, un piccolo romanzo di avventure e amori, reali e immaginari.

L'olmo è albero utile ed elegante. Produce un legno compatto, durevole, impiegato per realizzare barche e pontili. Vive nei boschi, ma da secoli è usato per ornare piazze e strade. Già dall'epoca romana serve come sostegno nelle vigne: accuratamente potato, restano solo i rami che fanno d'appoggio alla vite.

Tre quarti e una gassosa la posta in palio. Tre quarti di prezioso cerasuolo di Vittorito, il meglio delle campagne peligne. Fresco di botte, spillato alla spina, si rovescia nella caraffa di vetro da un cannello che sale dalla cantina dell'osteria di Giuseppe, all'Aia, a Celano. Morbida armonia che rimbalza nel palato con sapore secco e delicato, come di mandorla, e un odore fruttato e intenso, nella gloria del suo rosso ciliegia.

L'olmo è uomo fragile e indifeso. Su di lui si esercitano con successo gli istinti persecutori del prossimo. È l'ingenuo credulone mandato a tener in piedi l'olmo, albero saldo e robusto, mentre gli altri consumano la sua parte sghignazzando alle sue spalle.

L'olmo è uomo emarginato e respinto. L'arsura che gli brucia la strozza è desiderio di bere o è sete d'appartenenza? È dipendenza alcolica o tormento d'amore?

I suoi pensieri sono i rami sottili dell'albero, adoperati per legare la vite: a strettissimo contatto con la pianta, non ne bevono il vino.

Ama l'olmo la vite, eppure la vite non lascia l'olmo. Perché dunque spesso io lasciato sono dalla mia diletta?

Gassosa è la mia vita astemia.

L'olmo sono io.

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