SUL PONTE

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Ciao!

Ciao.

Sapevo che saresti venuta. Andiamo?

Dove?

La notte è troppo bella per essere sprecata a parlare su un ponte, non trovi?

Probabile.

Lei si voltò.

Le luci della notte si riversavano nel fiume come lucciole in un campo.

I rumori della città la rendevano inqueta e curiosa.

Tutto era diverso: meno sicuro, più libero, più interessante. Nuovo.

Si voltò. Lui la stava osservando:

Qualcosa non va?

Non sono mai uscita di notte per la città.

Hai paura?

No.

Fai bene.

Lei lo guardò, guardò quegli occhi, quello sguardo di chi sa tante cose e ricordò la prima volta che lo aveva visto.

Era a casa, in giardino. Stava giocherellando con un fiore di carta quando sentì che c’era qualcuno.

Alzò lo sguardo e incrociò quello di lui.

Si fissarono per un po’ poi lui, con modo beffardo e intraprendente, varcò il cancello:

Non ti sembra sprecata una giornata così bella per starsene ad annoiarsi?

Scusi?

Esci!

Non posso.

Perché?

Non conosco la città.

E come farai a conoscerla se non vieni fuori?

Forse non voglio.

Non vuoi? Non sei curiosa di vedere cosa c’è oltre il cancello del tuo giardino?

Forse lo sono. Ma preferisco stare qui.

Preferisci o hai paura di scoprire cosa c’è fuori?

Ok! Se vuoi vado via e non ti disturbo. Se la tua invece è paura posso offrirti il mio aiuto.

Ok! Vado.

Perché?

Perché cosa?

Perché lo fai?… Chiedermi di uscire.

Perché non dovrei?

Perché non mi conosci.

Non ti ho chiesto di uscire. Ti ho chiesto di provare a vivere.

Perché?

Perché nessuno dovrebbe privarsene.

Ok.

Allora vieni?

No.

Allora vado?

No.

Allora potrei…

…?

…rimanere. Rimanere un po’ e cominciare col raccontarti le cose che ti farei conoscere.

Ma se non vuoi vado via.

No. Rimani.

Lei rimase a lungo ad ascoltarlo.

Lui raccontò del posto dove viveva e della sua vita.

Parlò a lungo e quando andò via la lasciò con una promessa:

Quando vorrai vivere davvero, non dico conoscere il mondo, ma vivere quella parte di esso che ti spetta di diritto, ti accompagnerò. Mi troverai ad aspettarti sul ponte.

Quale?

Esci di qui, quello sul fiume.

Quando?

Quando vorrai. Io sarò lì.

E lo faresti solo per quello che mi hai detto?

È poco?

No. Ma…

Ma?

Non potresti tornare a raccontarmi ancora qualcosa?

No. Se le cose non le vivi di persona non saprai mai apprezzarle davvero. Continueresti a credere in sogni. Quando sentirai il bisogno di viverle io sarò lì ad aspettarti.

Passarono giorni, settimane, prima che lei si decidesse a dar retta a quelle parole.

Settimane ma alla fine lei lo aveva raggiunto.

A cosa pensi?

Sono stata una stupida.

Perché?

Per aver disobbedito ai miei. Per essere uscita a quest’ora e per aver dato retta ad uno sconosciuto.

E stai male per questo?

No. Ma…

Sai… Quello che hai fatto stasera è il primo passo, il più grande, che hai mai fatto per te stessa. Magari i posti dove ti porterò potranno non piacerti. Probabilmente riceverai una sgridata per essere uscita di notte e rimpiangerai di non essere rimasta sul divano di casa. Ma stasera hai, comunque, fatto la cosa più importante che potevi fare.

Quale?

Hai scelto di vivere e rischiare piuttosto che aspettare che qualcuno facesse per te qualcosa che solo tu avresti potuto decidere.

Dici?

Dico. Sei stata coraggiosa. Hai avuto il coraggio di provare e questo è importante. Andiamo?

Ehi Stè… che succede?

Lì. Sul ponte. Quei due gatti. Quello bianco e quello grigio. Sono stati almeno cinque minuti a fissarsi e poi si sono avviati insieme verso chissà dove. Buffo, no?

Ahahah! Tu non stai bene. Dai, vieni a letto. Domani dobbiamo alzarci presto.

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