Firmato dai magistrati di Pescara l’avviso di conclusione delle indagini: 33 persone sotto inchiesta

Tangenti, due gruppi di potere

Da Del Turco ad Aracu, così secondo la procura è stata gestita la sanità

PESCARA. Atteso, invocato e temuto, l’avviso di conclusione delle indagini della più importante inchiesta sul malaffare in Abruzzo degli ultimi 15 anni approda alla firma, a 482 giorni dallo tsunami giudiziario che ha cancellato una giunta regionale e portato alla luce un sistema ramificato di tangenti nella sanità, 15 milioni di euro che Vincenzo Angelini avrebbe versato sia al centrodestra sia al centrosinistra per ottenere rimborsi d’oro per prestazioni extra budget.

GLI ARRESTI Gli arresti del 14 luglio 2008 hanno disarcionato presidente, assessori, dirigenti regionali, manager e collaboratori, oggi tutti ex, targati centrosinistra, perché in sella c’erano loro. Eppure, racconta l’inchiesta della procura, si trattava di mazzette bipartisan. Il centrodestra - hanno rivelato le confessioni a rate del grande accusatore Angelini e i memoriali della Maurizio furiosa, ex moglie del deputato Pdl Sabatino Aracu - si è seduto da protagonista al tavolo da 800 milioni di euro delle cartolarizzazioni, la cui regia era curata dall’ex presidente della Fira Giancarlo Masciarelli, quello del partito dei soldi.

I TEMPI E’ che gli arresti sono anche questione di tempi. Quelli più serrati, necessari per ricostruire le responsabilità, secondo l’accusa, di Ottaviano Del Turco (che proprio oggi compie 65 anni) e company, nel mirino di sette confessioni fiume di Angelini; e quelli più dilatati, che hanno accertato il ruolo da dominus di Sabatino Aracu - per i pm destinatario di tangenti per 980 mila euro quando al timone della Regione c’era la giunta di Giovanni Pace - ma hanno fatto evaporare il rischio del carcere, lasciando in piedi solo i sequestri di beni.

Di sicuro, saranno tempi rapidissimi - pochi giorni - quelli che impiegherà la finanza coordinata dal colonnello Maurizio Favia per consegnare l’avviso ai 33 indagati, più due società, passaggio obbligato per arrivare entro pochi mesi alla richiesta di rinvio a giudizio delle due presunte associazioni per delinquere, finalizzate anche alla concussione, che operarono al vertice della Regione dal 2003 al 2005 (centrodestra) e da maggio 2005 al luglio 2008 (centrosinistra).

LE TANGENTI Angelini ha lanciato accuse e dribblato le manette, ma il tesoro che avrebbe pagato ai politici non è saltato fuori. Né i 5,5 milioni di euro che l’imprenditore teatino sostiene di aver consegnato in più tranche a Del Turco, al suo ex braccio destro Lamberto Quarta e all’ex capogruppo del Pd Camillo Cesarone; né i 500 mila euro che, sempre Angelini, dice di aver consegnato all’ex assessore alla Sanità, Vito Domenici, al casello di Pratola dell’A25; né i 100 mila euro che lo stesso ex governatore di centrodestra, Pace, avrebbe intascato; né, infine, il boccone più grande, gli oltre 6 milioni che sarebbero stati dati all’ex manager Asl di Chieti, Luigi Conga.

IL VAFFA Soldi, quest’ultimi, che la procura ha scoperto essere in parte destinati ad Aracu, l’ex coordinatore regionale di Forza Italia che incassò un “vaffa” da Angelini con l’abnorme richiesta telefonica di due milioni di euro, punto finale di una serie di pretese di denaro più volte soddisfatte dall’imprenditore della sanità privata. Le cui dichiarazioni - almeno quelle sul centrosinistra - sono diventate il perno dell’accusa, cristallizzate nell’incidente probatorio di 13 mesi fa e pronte a essere scongelate nell’eventuale processo.

IL TESORO Angelini ha raccontato di 19 viaggi a Collelongo nella casa dell’ex governatore Del Turco, documentati in modo quasi maniacale, già un anno e mezzo prima che la tempesta giudiziaria spazzasse via di colpo un’intera classe politica. Angelini ha raccolto indizi, conservato gli estratti conto del telepass sull’A25, scattato fotografie digitali alle presunte mazzette. Eppure, non ha registrato gli incontri dei pagamenti. Ma che dai paradisi fiscali, il tesoro di Sanitopoli non salti fuori, non intacca le convinzioni del pool di magistrati - il procuratore Nicola Trifuoggi e i pm Giampiero Di Florio e Giuseppe Bellelli - sulle responsabilità di chi ha cavalcato la Regione. A raccontare il bottino di mazzette annunciate e messe a verbale dall’imprenditore teatino, sono i sequestri, per equivalente o come profitto del presunto reato, disposto dal gip Maria Michela Di Fine: appartamenti, auto, conti correnti. E i quadri di Aracu.