Sentenza pilota dei giudici amministrativi, negato il permesso a un cittadino cinese

Tar: "Anche se il clandestino ha l'Aidsil permesso di soggiorno non è dovuto"

Un cittadino cinese, in Italia da 9 anni, colpito da una grave patologia dopo avere contratto il virus Hiv e in cura all'ospedale di Chieti, si è visto respingere dal TAr di Pescara la domanda di permesso di soggiorno per ragioni mediche. I giudici: "Può curarsi in Cina"

PESCARA. No al clandestino che ha contratto il virus dell'Aids. A dirlo è la giustizia amministrativa di Pescara che traccia un solco preciso nella concessione dei permessi di soggiorno e fissa un principio fondamentale intorno al quale deve ruotare l'ingresso in Italia dei cittadini extracomunitari.

«Le ragioni della solidarietà», sostengono i giudici, «non possono essere sancite al di fuori di un bilanciamento dei valori in gioco. Tra questi, la difesa dei diritti umani, la tutela dei perseguitati e l'asilo, ma anche, e non di minore rilevanza, il presidio delle frontiere (nazionali e comunitarie), la tutela della sicurezza interna del Paese, la lotta alla criminalità e lo stesso principio di legalità per cui chi rispetta la legge non può trovarsi in una posizione deteriore rispetto a chi la elude».

IN CURA PER L'AIDS
Il Tar, presieduto da Umberto Zuballi, si è pronunciato sul ricorso presentato da un cittadino cinese, in Italia da 9 anni, colpito da una grave patologia dopo avere contratto il virus Hiv e in cura all'ospedale di Chieti. L'uomo si è visto respingere la domanda di permesso di soggiorno per cure mediche.

Sulla base delle norme costituzionali, anche allo straniero clandestino dev'essere garantita ogni assistenza medica indispensabile. Tuttavia, spiegano i giudici, la concessione di un permesso per cure è prevista solo per speciali ragioni umanitarie, quando cioè quel tipo di cure non sia possibile nella patria d'origine.

E «in questo caso, risulta da accertamenti effettuati dai Consolati italiani in Cina che le cure dell'Aids siano praticabili e disponibili anche in quel Paese», rileva il Tar, che aggiunge: «Questo collegio si rende ben conto che il rilascio di un permesso di soggiorno a qualsivoglia titolo farebbe uscire il ricorrente dalla clandestinità, rendendogli più agevole la permanenza in Italia, ma allo stato, ferme restando le possibilità di cura, l'ordinamento non consente di tenere conto di questi interessi, in assenza dei requisiti di legge per ottenere un permesso di soggiorno per ragioni di lavoro o simili».

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