Tasse, ultimatum ai balneatori di Pescara: ingiunzioni per 900mila euro

L’Aipa, la società di riscossione del Comune, agli stabilimenti che occupano i marciapiedi: "Pagate subito la vecchia Cosap o scatta il pignoramento"

PESCARA. L’Aipa, la società di riscossione del Comune, sta inviando in questi giorni le intimazioni per costringere gli stabilimenti, che occupano i marciapiedi della riviera con tendoni e gazebo, a pagare la vecchia Cosap dal 2003 al 2009, cioè il canone per il suolo pubblico. È l’ennesimo capitolo di un lungo contenzioso tra Comune e una ventina di balneatori che si trascina da ben otto anni. E non accenna a concludersi. Ora gli imprenditori hanno presentato un ricorso in Cassazione per contestare le precedenti sentenze del tribunale civile di Pescara e della Corte d’Appello dell’Aquila che hanno condannato gli stabilimenti. Nel frattempo, la società di riscossione ha spedito le intimazioni, che sono di fatto degli ultimatum, perché le ingiunzioni sono state già emesse. Insomma, chi non versa quanto dovuto, rischierà i pignoramenti. La somme richieste vanno da 35 a 100mila euro, per un totale complessivo di circa 900mila euro.

La tassa contestata. Il contenzioso nasce da un’interpretazione delle norme che regolano l’occupazione del suolo pubblico. Gli stabilimenti che hanno tendoni e gazebo sulla riviera hanno sempre pagato i canoni del Demanio e nessuno fino al 2006 ha avuto da ridire qualcosa. Nel 2007 però, durante la giunta D’Alfonso, l’allora dirigente ai tributi del Comune Nicola Torelli decise, dopo uno studio della normativa, che gli stabilimenti avrebbero dovuto pagare, oltre al Demanio, anche il Canone di occupazione del suolo pubblico al Comune. Gli imprenditori contestarono immediatamente quella interpretazione della legge, facendo presente di aver versato lo stesso tipo di imposta al Demanio. La Cosap, a loro dire, sarebbe quindi un doppione.

Ricorsi in tribunale. Le richieste di pagamento del Comune hanno fatto esplodere il contenzioso. Gli stabilimenti presentarono ricorso al tribunale civile contestando l’interpretazione della legge e le richieste di pagamento inviate dall’allora società di riscossione dell’ente, Tributi Italia. Ma i giudici respinsero le contestazioni dando ragione al Comune e condannando al pagamento dell’imposta comunale gli stabilimenti. I balneatori non si diedero per vinti e presentarono nel 2013 un nuovo ricorso dinanzi alla Corte d’Appello dell’Aquila per l’annullamento della sentenza del tribunale, con cui i giudici rigettarono l’eccezione di difetto di motivazione, ritenendo legittima la pretesa dell’ente di applicare la Cosap con le sanzioni e gli interessi e irrilevante il pagamento del canone pagato dai balneatori inerente la concessione demaniale. Ma anche la Corte d’Appello respinse i ricorsi dichiarando la legittimità dell’applicazione della Cosap agli stabilimenti.

Ingiunzioni di pagamento. Subito dopo la sentenza, tra l’altro immediatamente esecutiva, alcuni gruppi politici intervenirono per sollecitare le procedure coattive di riscossione.

L’Aipa, subentrata a Tributi Italia, cominciò ad inviare le ingiunzioni di pagamento per un totale di 850mila euro da recuperare. Ingiunzioni poi bloccate da altri ricorsi presentati dai balneatori in Cassazione. Si attende adesso che i giudici della Suprema corte si pronuncino.

Fallite le trattative. La precedente amministrazione tentò di trovare una soluzione per chiudere questa lunga vicenda. Il consigliere regionale Lorenzo Sospiri guidò, nel 2013, una trattativa tra società di riscossione, Ufficio tributi del Comune e balneatori per arrivare a una transazione, sgravando eventualmente i vecchi canoni Cosap da sanzioni, mora e interessi, così come prevede lo Statuto del contribuente. Ma la trattativa si arenò dopo le scorse elezioni, cioè con il passaggio di consegne dalla giunta Mascia a quella attuale del sindaco Marco Alessandrini.

Le intimazioni. In attesa che la Cassazione si pronunci definitivamente su questa vicenda, l’Aipa ha cominciato ad inviare le intimazioni agli stabilimenti inadempienti. Ne sarebbero stati già spedite 16, per un totale di circa 600mila euro da riscuotere. «Visto che le ingiunzioni di pagamento sono state già inviate», spiegano fonti dell’Aipa, « le intimazioni rappresentano un ultimatum: aspetteremo dieci giorni, poi scatteranno i pignoramenti». E qualcuno ha già chiesto informazioni per pagare a rate.

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