THE PERFECT BEAT

Racconto in gara per la quinta edizione del concorso letterario “Montesilvano scrive”. Clicca sui tasti di condivisione per votarlo

IL CONTEST Tutti i racconti in gara
IL REGOLAMENTO Partecipa anche tu

Silenzio.

Una interminabile pausa. La lezione inaugurale del primo anno di Conservatorio. Qualche minuto eterno. Il Direttore sulla cattedra. L’apertura dei corsi, un evento. Il corpo docente, la stampa locale, le autorità cittadine, qualche notabile. Le gambe accavallate. Le mani sovrapposte sulle ginocchia. Il dolcevita sotto la giacca di velluto. Il solito jeans.

Lo sguardo scruta, dietro le lenti azzurre, l’uditorio. Un appello muto. Il crocevia degli sguardi conferma la presenza, il riconoscimento, l’attesa.

Il trambusto delle sedie spostate, dei cappotti appesi, del mercato delle deferenze, dei telefonini spenti, dei saluti a distanza, scema. Il bidello chiude l’ultima porta e sigilla la sala.

Il Direttore percorre lentamente l’aula sulle diagonali. Il pollice destro da un lato del mento. Le altre quattro dita dalla parte opposta. Insieme massaggiano la mascella, in avanti e in dietro. I passi lenti, carichi, pensierosi. La postura perfetta rinverdisce i fasti, nonostante anni e trigliceridi, di un’arte sportiva nobile. Nuoto. Forse scherma.

Dall’ultima fila verso la lavagna. Traccia una linea retta. Azzurra. La rimira. Si volta verso la classe con lo sguardo fisso in cerca di un’approvazione.

Raccoglie, rimestandola sulle papille gustative, un’inquietudine crescente, palpabile. Un’ansia sottile, interrogativa, scossa, turbata. Quella di un fondale dragato. Una vecchia fotografia strappata. Il buio improvviso. Un incidente stradale sfiorato per un soffio. Un amore non colto. Un temporale all’alba. L’attimo prima del decollo.

Come sporgersi, rimanendo senza fiato, su di un precipizio. L’attesa sospesa, lucida e timorosa che scongiuri l’esito visibile laggiù in fondo. Terribile e seducente.

Al centro dell’incrocio delle diagonali appena percorse. Un respiro plateale, da attore consumato.

Atono: “Il silenzio è sempre a tempo. Solo il suo spartito custodisce il segreto della battuta perfetta. “The perfect beat”. I blocchi di partenza di ogni suono, rumore, frastuono, parola, urlo, nota, sono sempre, immancabilmente, silenzio. E anche il loro traguardo, l’approdo ultimo. L’ellisse di un moto di rivoluzione di un pianeta che si compie. La condizione di base è la loro assenza, intervallata da una voce, una biscroma, un’onda, una frequenza, una tonalità. Il silenzio non è linea di separazione fra due suoni. La musica, invece, marca il confine, argina, è sponda del silenzio e si arroga la pretesa di sovvertire l’ordine naturale delle cose. Il silenzio e non la musica avvicina a Dio. Il suo pentagramma è l’opera prima di un uomo e, ancor di più, di un musicista”.

“Senza questa consapevolezza è inutile aprire i vostri strumenti, imbracciare un archetto, sistemare il leggio. Poi lo studio, le giornate di prova, il panico della prima, l’esercizio. Ma l’opera fondamentale è lo spartito del silenzio. I suoi colori, le sue pause, le sue intonazioni, i suoi movimenti, le sue dimensioni e le sue sfumature. Le intensità, i ritmi, le dissonanze. Il suo fragore. Il suo respiro”.

Sistema il dolcevita con un dito, allaccia i bottoni della giacca.

Abbassa le spalle, reclina il capo, con il mento al petto. Un sorriso come l’incipit di un libro.

Lentamente tutti escono, facendo attenzione a gesti, passi, parole. Lo stupore di qualche sussurro sospeso svanisce.

All’improvviso si volta verso la regia audio. Play.

Deflagra l’attacco di So What di Miles Davis. Uno sciame di emozioni si impasta nell’aria con le note. La platea stordita, inebetita.

Il Direttore esce da una porta nascosta, con il ghigno del sicario e la pistola fumante.

Omicida del silenzio.

©RIPRODUZIONE RISERVATA