TRADITI DALLA MANO DELL’UOMO

Adesso tutti ci auguriamo che i quattro capodogli su sette che ieri sono stati salvati sulla spiaggia di Punta Aderci (Vasto) abbiano ripreso il largo verso la direzione giusta, verso sud, per poi poter immergersi nelle profondità dello Ionio, perché altrimenti c’è il rischio di ritrovarli di nuovo moribondi in qualche altra riva. Come cinque anni fa quando sette capodogli andarono a morire nel Gargano. E proprio uno studio multidisciplinare sulle cause di quello spiaggiamento può venirci incontro per spiegare i motivi per i quali i “balenotteri” ieri sono finiti a Vasto e tre di essi morti, nel venerdì nero per la natura in Abruzzo che ha visto anche la morte, probabilmente per avvelenamento, di un orso nel Parco Nazionale.

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Anche allora, come oggi, si disse che i capodogli erano morti per colpa della plastica, dei rifiuti e delle reti che avevano ingerito, che avevano perso il senso dell’orientamento a causa dei sonar e delle prospezioni geologiche, con l'utilizzo degli air-guns, cioè i cannoni ad aria compressa che rilevano giacimenti petroliferi in profondità. La conclusione del professor Mazzariol dell’Università di Padova, lo stesso a cui è stato assegnato il compito di scoprire la verità sui capodogli di Vasto, è che i mammiferi avevano perso l’orientamento e si erano infilati in un “cul de sac” come l’Adriatico. E perché? Erano stremati dalla fame e avevano ingerito sostanze inquinanti chimiche. Le difese immunitarie si erano abbassate e il sistema nervoso era stato danneggiato. E gli effetti di sonar e air-guns? Non è stato escluso. Resta il dubbio. Ma anche un segnale. La morte di ieri sulla spiaggia ritenuta più bella d’Abruzzo.

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