Troppa tensione: Renzi blindato nel palazzo

Saltano la passeggiata nel centro storico e il saluto a Palazzo Fibbioni Spintoni, uova e manganellate prima del discorso al Gran Sasso Institute

L’AQUILA. Il frittatone è servito. Metti un gruppo di manifestanti che si fanno a piedi il giro del centro storico di una città incerottata dove, se trovi una transenna, la aggiri e vai avanti fino ad arrivare alla meta. Metti uno schieramento di forze dell’ordine che sembra il derby Roma-Lazio. Aggiungi, poi, che la città sta aspettando, sì, la visita di questo presidente del Consiglio annunciata svariate volte e mai avvenuta. Se consideri, poi, che il caldo non scoraggia affatto le ovaiole abruzzesi, l’esito è quasi scontato. Che non siano sode, queste uova che volano ad altezza d’uomo, te ne accorgi subito (vedi cravatta di Lolli e giacca del questore). La protesta, arrivata a pochi passi da Palazzo Fibbioni, sede scelta per il saluto istituzionale ai sindaci e alle personalità regionali e locali, consiglia al premier Matteo Renzi, reduce dal Meeting di Rimini e da una puntatina a Pesaro, di annullare, e sono le 17,30, la prima tappa e la prevista passeggiata in centro storico. Così, in una piazza Duomo rallegrata dalla musica di Radio L’Aquila 1 con la diretta di Vanni Biordi, va in scena il fuggi-fuggi generale. L’Aquila, così, e ancora, diventa calamita di un variegato arcobaleno di protesta che va dalle istanze ambientaliste (no petrolizzazione, no centrale e metanodotto Snam) alle rivendicazioni dei precari della scuola sostenuti dagli studenti, dalla richiesta di una ricostruzione certa e trasparente dei comitati civici fino al no alla chiusura dei punti nascita. Un bel frittatone, appunto. Che lascia i resti ben visibili a terra. E sugli abiti.

IL CONTROCORTEO. E così, un controcorteo con gli amministratori locali e l’arcivescovo Giuseppe Petrocchi lascia i Quattro Cantoni e si avvia a grandi passi verso la Villa comunale, sede del palazzo ex Gil femminile (ed ex Isef) dove alle 17,35 il premier fa il suo ingresso dall’ingresso retrostante di via Filippo Corridoni, dribblando così i fischi dei contestatori che lo aspettano assiepati lungo viale Crispi. Appena entra, Renzi scrive: sul registro: “Complimenti per il vostro lavoro e per l’accoglienza strepitosa, orgoglioso del Gssi. Matteo Renzi». Lo salutano il sindaco Massimo Cialente (alle prese col solito dilemma: mi dimetto-non mi dimetto), il presidente della giunta regionale Luciano D’Alfonso, il vice Giovanni Lolli e la senatrice Stefania Pezzopane. In platea, il sottosegretario Paola De Micheli in abitino corto color carta da zucchero. A dare il benvenuto al premier il direttore della struttura Eugenio Coccia.

L’AGENDA. Il sindaco fa la lista della spesa: tasse, precari, personale degli uffici, burocrazia, risorse. Una lunga riflessione arriva dal presidente della giunta regionale Luciano D’Alfonso, il quale sintetizza le sei richieste dell’Abruzzo al premier pubblicate sul Centro di ieri. Ai rappresentanti delle categorie produttive, seduti in platea, sta a cuore soprattutto il nodo della restituzione dei tributi e contributi non versati dal 6 aprile 2009 al 31 dicembre 2010, per effetto della sospensione, alle imprese aventi sede all’interno del cratere sismico. Il sindaco preme su questo argomento, Renzi frena e visto che si tratta di Europa fa capire che ci si proverà. Il taglio tecnico dell’incontro («no lamentele» era la parola d’ordine circolata alla vigilia durante la fase organizzativa del confronto) porta a parlare la rettrice dell’Università dell’Aquila Paola Inverardi che sintetizza lo stato di salute dell’Ateneo, anche alla luce della ripresa della “normalità” col ripristino del pagamento delle tasse. Il segretario provinciale della Cgil Umberto Trasatti tratteggia il quadro a tinte fosche del lavoro che c’è (o che non c’è) nell’Aquilano. All’uscita, in molti diranno che è l’intervento meglio “calibrato”.

L’USCITA DI SCENA. I cori contro Renzi non smettono un attimo. Si sentiranno fin dentro la saletta stipata di gente, con annesso spettacolo di “lei-non-sa-chi-sono-io” per essere ammessi tra cotanto senno. Attimi di tensione tra il presidente della Provincia dell’Aquila Antonio De Crescentiis e un manifestante. «Io faccio il presidente gratis, non mi faccio dire cameriere da nessuno», grida. A conti fatti, la riunione tecnica di lavoro sull’Aquila e la ricostruzione è rinviata a data da destinarsi. Il sindaco, per quella data, farà in tempo a decidere se dimettersi o meno. Renzi lontano dalla folla? Macché. A sera, su La7, il ministro Graziano Delrio commenta: «Sono stato con lui in tantissimi viaggi, per due che contestano ce ne sono duemila che lo voglio abbracciare e toccare. Renzi non ha paura della gente. È stato sindaco».

INDIAVOLATI. E che Renzi ne faccia arrabbiare più d’uno se ne ha la riprova a sera, quando il sindaco di Teramo Maurizio Brucchi è furibondo per il modo, a suo giudizio irridente, con cui il premier ha pronunciato frasi sui tifosi biancorossi. Su Facebook Brucchi lo invita a dimettersi perché avrebbe indebitamente scherzato sul «dramma di una città». A sera, mentre la folla sciama, c’è chi si chiede se sia stata la 32ª di Berlusconi, o la prima di Renzi all’Aquila.

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