PESCARA

Trovata morta in una pozza d'acqua: identificata la donna

Olga Orusaar, 33enne di origine estone, riconosciuta dall'ex convivente.

PESCARA. Il corpo è stato trovato sotto uno dei palazzi Clerico, due scheletri di cemento mai ultimati che rappresentano una delle incompiute storiche di via Tavo. Era dentro una piscina di acqua putrida che si è accumulata nelle fondamenta dello stabile. Per tirarlo fuori, ieri pomeriggio, è stato necessario l’intervento dei vigili del fuoco, che hanno lavorato sotto gli occhi di carabinieri e polizia. Si tratta di Olga Orusaar, 33enne di origine estone, riconosciuta dall'ex convivente. Non ci sono dubbi, per gli uomini dell’Arma, coordinati dal maggiore Claudio Scarponi, che facesse uso di droga e a quanto sembra in zona era nota. Non si esclude che ad ucciderla siano stati gli stupefacenti o la caduta in acqua, ma per scoprirlo si dovrà attendere l’autopsia. Il medico legale arrivato ieri pomeriggio in via Tavo, Cristian D’Ovidio, ha escluso, dopo un primo esame del corpo, cause violente. A lanciare l’allarme è stato qualcuno che evidentemente frequenta quell’area, dove è possibile entrare ed uscire con facilità perché la rete di recinzione è stata tagliata e ci si può addentrare nel verde incolto per nascondersi agli occhi di chi passa. Ma il via vai continuo di spacciatori e tossicodipendenti non sfugge affatto a chi vive e lavora in questa zona, dove le cessioni e il consumo di droga sono all’ordine del giorno. Meno di due settimane fa, a poca distanza dai due palazzi, è stata trovata un’altra persona senza vita. Un uomo di 51 anni è stato individuato e recuperato dentro un’area privata che da anni è diventata rifugio di tossicodipendenti e disperati, uno dei capannoni del Piper, sulla Tiburtina. Ma l’esistenza di queste zone franche, dove ci si muove indisturbati fino al punto di trovare la morte in una mega pozza di acqua, impone delle riflessioni. Lo chiede la Caritas, presente in via Tavo con i suoi operatori, impegnati al parco dell’infanzia. «Esprimiamo come prima cosa il nostro dolore per la fine di una ragazza così giovane, morta sola», dice Luigina Tartaglia. «Vorremmo che non passasse come un fatto normale, naturale, perché non lo è. E impone una riflessione da parte di tutti. Spesso l'attenzione verso chi vive situazioni di fragilità viene demandata esclusivamente alle istituzioni e alle associazioni. Questa vicenda ci chiede, forse, di metterci tutti un po' in discussione e di fare ciascuno la propria parte perché non vinca l'indifferenza. Certo, è vero che quella è una zona disagiata ma la presenza di aree private in stato di abbandono non aiuta la riqualificazione. Anzi, questi luoghi dimenticati diventano un rifugio per chi vive ai margini. E così non si favorisce né il processo di miglioramento né la sicurezza di chi vive nel quartiere. Vorremmo che si riflettesse su questo, e l’invito riguarda tutti, sia il privato che il pubblico». Dal Comune risponde il vice sindaco Antonio Blasioli sottolineando che la vicende dei due palazzi di via Tavo è «complessa», per i fatti che si sono susseguiti negli anni e «l’ultimo atto risale al 1981», ma ne parlerà «con l’assessore all’Urbanistica Stefano Civitarese». Quello di Blasioli è un «impegno formale a riprendere il discorso per superare gli ostacoli che fino ad ora non sono stati superati». All’epoca della giunta Mascia fu istituto un tavolo di lavoro tecnico, ricorda l’ex assessore Marcello Antonelli. «Ne facevano parte dirigenti e funzionari dei settori Lavori pubblici ed Edilizia. Il gruppo doveva ricostruire tutti i passaggi che si sono succeduti dal punto di vista tecnico amministrativo, ma fu impossibile anche per la mancanza del materiale e non si arrivò ad una conclusione. Questo lavoro doveva servire per capire come intervenire in una vicenda che è privata».