Bonifica del Tronto

Victoria, Ade e le altre Dalla Nigeria alla strada per paura del malocchio

Le storie di prostitute ed ex nell’inferno della tratta: «Voglio tornare a casa, meglio la fame che il marciapiede»

TERAMO. Lilian e le altre. Nomi anonimi e silenziosi, vittime di storie che incrociano l’abisso dei marciapiedi e, in tempi di escort ed olgettine, obbligano a vedere l’inferno. Che sia quello della tratta delle nigeriane o dei clan albanesi. Perchè raccontarlo nel Teramano, dove per ora non risultano denunce per ragazze con Hiv, non può che partire dalla storia di Lilian Solomon, costretta sulla strada con un linfoma all’ultimo stadio, morta nel 2011 a 23 anni e catapultata sul palcoscenico della cronaca con un caso diventato nazionale dopo la condanna in primo grado a 35 anni di carcere complessivi della banda di connazionali sfruttatori.
Lilian e le altre sulla Bonifica del Tronto, venti chilometri di strada tra il Teramano e l’Ascolano dove la prostituzione è soprattutto tratta di nigeriane, mercato illegale di vite che per volume d’affare è dietro solo al traffico di stupefacenti e d’armi. Un business ignobile quanto diffuso - perchè i clienti ci sono sempre - favorito dalla miseria, dalla fame, dalla povertà e dall’ignoranza di chi non sa neanche di essere una vittima, di chi è sicura che si può far male con i riti woodoo. Come Victoria, 24 anni e sogni diventati incubi. E’ fuggita dalla Nigeria con l’illusione di un lavoro in Italia, ma si è ritrovata schiava sulla Bonifica con la paura che la magia nera potesse uccidere i suoi familiari. «Dicevano che con il woodoo avrebbero fatto male a mia madre, sarebbe morta e io non voglio la sua morte», racconta oggi questa ragazza che cerca faticosamente di riprendersi la vita dopo essere uscita dal giro. «Dovevo lavorare per ripagare il debito con chi mi ha pagato il viaggio in Italia», dice, «quando sono partita dal mio paese pensavo di lavorare come badante di una signora anziana che non stava bene, così mi avevano detto». Ma così non è stato. Perchè qui Victoria, come molte altre sue connazionali, ha trovato quella che loro chiamano “maman”. Ragazze forse appena più grandi che arrivate in Italia da qualche anno accettano di affrancarsi dalla prostituzione e di continuare a pagare il loro debito facendo da maitresse alle nuove arrivate. «Perchè all’inferno bisogna sopravvivere», dice Ade 27 anni, da dieci in Italia e ora in Val Vibrata, “ maman”. Di connazionali ne ha viste passare davvero tante, qualcuna l’ha ospitato anche a casa. «Io sono stata sulla strada tanto tempo», racconta, «ma ora voglio tornare nel mio Paese perchè il marciapiede può essere più brutto della fame. Anch’io sono arrivata pensando di fare altro e poi mi sono ritrovata senza passaporto. Sono sopravvissuta e non sono nemmeno io come». E il numero cresce, ingrossato dai continui sbarchi.
Per l’associazione On The Road, da anni punto di riferimento per chi decide di lasciare la strada, nome sempre presente nei progetti ministeriali e nei tanti protocolli stilati a livello internazionale contro la tratta con i volontari che sette anni fa raccolsero Lilian costituendosi parte civile nel processo per la sua morte, sulla Bonifica del Tronto si sta verificando un incremento di ragazze nigeriane. Lo mettono nero su bianco nell’ultimo progetto ministeriale: «Sono sempre molto più giovani, al limite della maggiore età, con precarie condizioni psico-fisiche, con bassa conoscenza della lingua italiana, provenienti da territori sempre più poveri e con alle spalle storie di abusi e di violenza. L’incremento è legato all’ondata migratoria che sta interessando il nostro Paese. Il canale degli sbarchi massicci nel sud Italia si conferma essere la strada maggiormente usata dalle organizzazioni trafficanti per far entrare in Italia giovani ragazze nigeriane da inserire nel giro dello sfruttamento sessuale». L’ inferno è ancora tutto da raccontare.
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