ABRUZZO ALLE URNE

Vincitori e vinti nella corsa elettorale 

Guidano la classifica i sindaci riconfermati Magnacca e Di Lorito.  Tra gli sconfitti il dem D’Alessandro e l’ex procuratore Trifuoggi

PESCARA. Chi ha vinto e chi ha perso in Abruzzo alle amministrative dell’11 giugno? Proviamo ad abbozzare un elenco. Hanno certamente vinto le liste civiche, l’astensionismo, le coalizioni, alcuni candidati con una personale caratura politica. Hanno perso il Movimento 5 Stelle, i simboli di partito, le liste fantasma delle forze dell’ordine, la frantumazione, la rappresentanza di genere, alcuni candidati eccellenti. Ma andiamo con ordine. Vincitori sono soprattutto i due candidati sindaco che hanno vinto al primo turno a San Salvo e Spoltore: Tiziana Magnacca e Luciano Di Lorito. Tutti e due sono al secondo mandato. E questo aggiunge valore al risultato, in tempi in cui amministrare un ente locale diventa ogni giorno più impopolare.
Magnacca legge la vittoria come «un segno di fiducia e un riconoscimento del lavoro svolto in questi anni». Tesi confermata dalle molte preferenze prese dagli uscenti della sua giunta. Ha vinto certamente Giulio Borrelli, ex direttore del Tg1, nella sua Atessa, strappata al secondo tentativo al centrodestra, al governo da 10 anni. Vince Antonella Di Nino, ex presidente della Provincia dell’Aquila, a Pratola Peligna. Perché diventa sindaco e perché è sindaco donna. Palma per la vittoria sul filo di lana al neo sindaco di San Vito Emiliano Bozzelli che ha strappato il comune al centrodestra dopo 10 anni e per soli 37 voti. Ma vince anche l’unità dei partiti (si è visto all’Aquila, sia nel centrosinistra che nel centrodestra) e vincono le liste civiche che hanno fatto ombra ai partiti, quasi spariti dai simboli elettorali.
Ma chi ha perso? Certamente clamoroso, anche se non inaspettato, il risultato negativo del Movimento 5 Stelle.
I grillini hanno presentato liste in soli sei comuni sui 50 che sono andati al voto: L’Aquila, Avezzano, Atessa, Martinsicuro, Tortoreto, Spoltore. E già questo apparirebbe come un segno di debolezza. Il miglior risultato lo ha ottenuto Riccardo Straccialini a Tortoreto (13,34%), il peggiore Fabrizio Righetti all’Aquila (4,86%). Sono percentuali che farebbero invidia a un Angelino Alfano (il suo Alternativa popolare non arriva al 2%), ma troppo basse per un gruppo che sceglie di correre da solo. E troppo lontane da quelle riscontrate alle ultime regionali del 2014 (21,41%) e alle politiche in Abruzzo del 2013 (29,89%), dove il traino nazionale è stato decisivo. I 5 Stelle conquistano però un consigliere (probabilmente) in tutti e sei i comuni nei quali si sono presentati. E questo può essere un segno di crescita. Ha perso a Ortona Camillo D’Alessandro nella scelta del candidato, ritrovandosi il Pd locale di cui è commissario, diviso in tre tronconi (e con tre candidati sindaco).
Ha perso all’Aquila l’ex vicesindaco Nicola Trifuoggi che ha azzardato la candidatura in competizione con il partito che lo aveva nominato vicesindaco. Ha perso sempre all’Aquila l’ex manager della Asl Giancarlo Silveri, e ha perso a Pescasseroli il giornalista Paolo Gambescia, perché in un volto locale non contano le medaglie nazionali.
Nella lista dei perdenti dobbiamo mettere le liste elettorali dei rappresentanti delle forze dell’ordine, soprattutto agenti di polizia penitenziaria. Quasi tutti (ma non tutti), si presentano in virtù del mese di permesso che la legge permette loro per fare la campagna elettorale. Le loro liste sono quelle a “zero tituli”: nessuna preferenza.
Hanno perso anche i simboli di partito, nettamente minoritari rispetto a quelli delle liste civiche. Le ragioni le spiega bene qui di lato il coordinatore regionale di Forza Italia Nazario Pagano. Pollice verso anche per la parità di genere. Solo cinque sindaci su 50 sono donne. Un misero 10%. Perdono infine gli elettori: l’astensionismo ha battuto un nuovo record negativo fermandosi al 66,5% ben 5 punti in meno rispetto al precedente 71,19%. E forse è da qui che bisognerebbe ricominciare a ragionare.
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