Contestabile, un dottore sul ring

Due lauree e uno studio di fisioterapia: «Sì, sono un pugile atipico»

 AVEZZANO. Il dottor Gianpiero Contestabile è un pugile atipico. Per tanti motivi. Intanto perché può vantare un titolo di studio (anzi due: ha un diploma di laurea in scienze motorie e un altro in fisioterapia). Poi perché un peso piuma che sfiora il metro e 80 e in giro per il mondo ce ne sono pochissimi della sua altezza. E in ogni caso perché è lontano mille miglia dal cliché stantio del boxeur tutto muscoli e poco cervello, dell'uomo che si brucia sul ring e poi non sa cosa fare nella vita.  No, Contestabile è fatto di tutt'altra pasta: un trentenne serio, posato, che non vive solo di pugilato, pur avendo vinto titoli a iosa nei dilettanti, essere stato - da professionista - campione italiano e da venerdì scorso campione dell'Unione Europea. Titolo conquistato nella sua città - Avezzano - battendo ai punti lo spagnolo Francisco Urena.  E' stato un match difficile?  «Sì, certo. Quando ti batti per un titolo europeo incontri sempre i migliori dieci d'Europa, non trovi mai avversari facili. Avevamo iniziato la preparazione da molto tempo, con un grande lavoro di preparazione atletica di Enrico De Nicola, che voglio ringraziare insieme al primo trainer Roberto Rosini e a Ivan Fiorletta».  Che è un pugile.  «Sì, è un amico al quale ho chiesto se poteva accompagnarmi sul ring. Il suo sostegno mi è stato molto utile, anche a livello piscologico. Fiorletta è un pugile e ha capito tante situazioni durante l'incontro, dandomi consigli importanti. Fino a dieci minuti prima del match eravamo nello spogliatoio a fare battute: anche questo è stao molto importante per scaricare la tensione. E si è visto durante il match: quando tornavo nell'angolo ero sempre lucido e disteso».  Durante la preparazione ha avuto tanti guai fisici, vero?  «Sì, problemi a una mano, a un ginocchio e un'otite fortissima. Volevo lasciar perdere, ma sono stati loro a convincermi ad andare avanti».  E hanno fatto bene.  «Beh, visto il risultato hanno fatto benissimo».  Lei è altissimo per essere un peso piuma.  «Io sono il peso piuma più alto d'Europa, nel mondo credo di essere il secondo. Mi ricordo che quando andai a combattere a Chicago gli americani ci rimasero di stucco. Ma come fai, mi chiedevano, a pesare solo 57 chili se sei quasi 1,80? E' il mio fisico, ma questo è dovuto anche al mio stile di vita. I 57 chili per l'ultimo match li devo anche al dottor Carmine Orlando, il nutrizionista della nazionale di pugilato, che mi ha fatto rientrare nel peso già cinque giorni prima dell'incontro. Certo, non è che mi sono messo a mangiare la carbonara, però ho mangiato abbastanza e in modo completo».  Con il titolo dell'Unione Europea si considera all'apice della carriera?  «Quando vinsi il titolo italiano nel 2008 ero convinto che potevo spaccare il mondo e invece il match successivo persi per ko. Ora voglio mantenere l'umiltà che ho acquisito con le sconfitte: fino a quando ero imbattuto mi ero montato un po' la testa, avevo perso il contatto con la realtà».  Chi la mandò ko?  «Persi il titolo italiano nel 2009 con Massimo Morra, un pugile che potevo battere facilmente, tanto che i bookmakers mi davano 10 a 1. Persi all'8ª ripresa. Ai punti avevo già un vantaggio enorme, bastava solo che restassi in piedi. E invece mi si bloccarono le gambe e Morra mi venne addosso con un gancio sinistro che mi mandò al tappeto. Sono dovuto ripartire da zero e a 28 anni è molto difficile».  Quindi ora non si pone altri obiettivi?  «Ora mi voglio godere questa vittoria. Poi vediamo cosa mi propongono».  Pensa di continuare ancora a lungo?»  «Non sono ancora sicuro. Dico solo che attualmente l'età media dei campioni del mondo si aggira sui 36 anni».  Lei ha due lauree: si sente un pugile atipico?  «Sono molto atipico. Quando studiavo ho vinto tre titoli universitari. In quell'ambiente c'erano molti americani, molti asiatici, ma pochissmi europei. Fortunatamente ho avuto una famiglia alle spalle che mi ha permesso di studiare. Sapevo che era molto difficile ottenere risultati nello sport e allora mi sono detto: meglio che studio, così ho una scialuppa di salvataggio se va male nello sport».  E invece è andata bene.  «A livello economico no. Oggi nella boxe i soldi sono pochi, gli sponsor ancora di meno. Non esagero se dico che con quello che guadagno ci copro appena le spese».  E allora cosa vuole fare da grande?  «Ho già aperto un mio studio di fisioterapia ad Avezzano, spero che questa vittoria mi serva per farmi un po' di pubblicità. Lunedì tornerò in palestra e il pomeriggio me ne andrò a lavorare allo studio. Per la boxe, vediamo cosa ci propongono, anche a livello economico, perché i sogni di gloria lasciano il tempo che trovano. Oggi tutti mi dicono bravo, bravo, ma poi quando le cose vanno male tutti ti girano le spalle. Quando ho perso il titolo italiano è successo così. Adesso, lo dico sinceramente, la carriera pugilistica diventa secondaria. Ora ho una famiglia e devo pensare soprattutto a loro».  Perché la Marsica sforna tanti pugili?  «Non lo so, sarà una questione di geni. Ma più probabilmente perché ad Avezzano c'è una palestra che va avanti da 50 anni. Questo significa che c'è stata continuità e ci sono stati buoni maestri ed è una cosa importante. Significa che si è creata una scuola. Ricordo che quando da ragazzino andavo ad allenarmi in questa palestra c'erano tanti pugili professionisti e da loro ho imparato tantissimo».

© RIPRODUZIONE RISERVATA