Crisi L’Aquila, i tifosi fanno la spesa alla squadra  

Un gesto d’amore per i rossoblù che hanno ricevuto provviste da alcuni sostenitori Tre ex aquilani vincono la causa con la società. Vastese, bomber Leonetti si racconta  

Un gesto d'amore per la squadra, uno schiaffo morale alla società e all'imprenditoria cittadina. I tifosi dell'Aquila fanno la spesa ai giocatori, rimasti senza rimborsi e abbandonati al loro destino in attesa che si risolvano i problemi societari. Ieri pomeriggio, al termine dell'allenamento, alcuni tifosi si sono presentati allo stadio Gran Sasso con le buste piene di provviste alimentari che hanno consegnato alla squadra. Gli ideatori dell'iniziativa sono il dottor Luigi Manieri, Alessandro Di Norcia e Antonello Ciocca.
I tifosi, già protagonisti della colletta che ha permesso alla squadra di andare in ritiro a Campobasso, hanno dato un'altra dimostrazione di attaccamento ai colori rossoblù. «È un gesto che abbiamo fatto con il cuore», spiega Di Norcia. «Noi siamo semplici tifosi che con il nostro misero stipendio cerchiamo di dare una mano alla squadra. E' inaccettabile il mancato sostegno di imprenditori, avvocati, ingegneri e architetti aquilani, persone che avrebbero la forza economica di aiutare L'Aquila ma non lo fanno».
Il futuro del club rossoblù resta appeso a un filo. Gli incontri a Roma tra avvocati e commercialisti non hanno portato finora a un'intesa su come ripianare le perdite del bilancio, nonostante l'ottimismo filtrato dalle parole di Umberto Fioravanti della scorsa settimana. La strada delle sponsorizzazioni pluriennali da parte delle aziende dei vecchi soci come soluzione per abbattere le perdite sembra non essere più percorribile. C'è l'ipotesi del concordato preventivo, ma le difficoltà restano tante. Fondamentale sarà l'assemblea dei soci di lunedì.
Come se non bastasse, ieri la Commissione accordi economici ha condannato la società a corrispondere una somma di circa 35mila euro ai tre ex tesserati La Vista, Zane e Russo per i mancati pagamenti degli emolumenti dello scorso anno.
I tre giocatori, che lasciarono la squadra a metà campionato dopo le dimissioni del tecnico Morgia e del suo staff, hanno vinto il ricorso. Il braccio di ferro, però, continua perché L'Aquila farà ricorso in appello.
Vastese. La passione per i tatuaggi, l'esultanza per la figlia Jennifer, il rapporto con la fede e il vizio del gol. Vito Leonetti è il bomber che fa sognare la Vastese. Otto gol in undici partite, quasi tutti decisivi, e vice capocannoniere del campionato. La doppietta realizzata domenica con l'Agnonese ha fatto esplodere di gioia i tifosi della curva D'Avalos. «Un'emozione indescrivibile», racconta il 23enne attaccante andriese, che a Vasto sembra essere rinato dopo aver segnato solo cinque gol negli ultimi due anni di serie C. «Non sono rinato, mi sono soltanto rimesso in gioco perché voglio rilanciarmi e tornare nei professionisti. Segnare in serie D è più facile rispetto alla C e questa categoria mi ha aiutato a ritrovare la cattiveria sotto porta».
Leonetti è stato per otto anni nelle giovanili del Bari e con la prima squadra ha esordito in B con Nunzio Zavettieri in panchina nella stagione 2013-2014. «C'erano Ceppitelli, Fossati, Sciaudone, Defendi. Io ero in stanza con Galano, ma il più forte era Ciccio Caputo».
Se per i suoi ex compagni di squadra si sono spalancate le porte della A e della B, per Leonetti la scalata verso il calcio professionistico è stata più difficile. «Forse ho commesso degli errori, ma quando si è giovani può capitare di sbagliare. Ora sono felice di essere alla Vastese e voglio continuare a fare bene. Dobbiamo rimanere concentrati perché domenica a Fabriano sarà difficile». Leonetti vuole continuare a segnare per la Vastese e per una persona speciale. «I gol sono per mia figlia Jennifer. Quando esulto, faccio il gesto del ciuccio per lei».
Il bomber pugliese ha dedicato a sua figlia uno dei tanti tatuaggi che dipingono il suo corpo. Uno di questi è dedicato a Dio. «Mi sono fatto tatuare la scritta "I belong to Jesus", una frase che mi piace tanto. Sono credente e ho un buon rapporto con la fede».
Giammarco Giardini
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