L'alzatrice del Millenium Brescia, Isabella Di Iulio

L'INTERVISTA

Di Iulio: io, mia sorella Chiara e una carriera tutta in salita 

«Fiera del mio percorso, è dura emergere per chi viene dal centro-sud» 

PESCARA. È stato un ideale passaggio di consegne tra le sorelle Di Iulio. E’ avvenuto il 26 gennaio scorso al termine della partita di serie A1 di pallavolo femminile vinta dal Brescia della palleggiatrice Isabella Di Iulio contro il Filottrano della schiacciatrice Chiara Di Iulio. Dopo questa sfida la maggiore delle sorelle di San Benedetto dei Marsi, Chiara, ha preso la decisione di emigrare, accettando l’offerta del Vakifbank di Istanbul, campione d’Europa. E così la 33enne marsicana è volata in Turchia, lasciando in A1 la sorella più piccola, Isabella di 27 anni. Che si sta godendo il primo anno da palleggiatrice titolare nella massima serie.

Papà Colombo, Isabella, Chiara e Gabriella Di Iulio
Che consiglio ha dato a sua sorella?
«La decisione è stata sua, noi parenti abbiamo solo cercato di sostenerla. Non è solo una giocatrice che va a giocare all’estero, è anche una mamma che deve allontanarsi dai suoi affetti in attesa di essere raggiunta. A 33 anni se ti chiama il club campione d’Europa non puoi dire no, altrimenti ti porti dietro un magone nello stomaco per il resto della vita».
Nel frattempo, lei si sta facendo onore in A1.
«Non mi lamento, sono soddisfatta. La mia è una crescita continua, spero non sia finita».
E allora riavvolgiamo il nastro della sua carriera.
«Sono partita da San Benedetto dei Marsi, come mia sorella. Ho giocato nel Marruvium, la squadra del paese, quella nella quale ha giocato anche nostra madre Gabriella. Veniamo da una famiglia di sportivi, visto che papà Colombo da giovane è stato un calciatore dilettante. Sono andata via di casa a 17 anni».
Era il 2008, andò a Nocera Umbra dove c’era anche sua sorella Chiara.
«Lei in prima squadra in A2 e io nelle giovanili. Poi a Trevi, in B1. Giocavo schiacciatrice».
All’Arabona, a Manoppello, il ritorno in Abruzzo e il cambio di ruolo.
«Il ruolo di alzatrice mi affascinava e molti tecnici che avevo incontrato mi avevano consigliato di cambiare. In B2 con l’Arabona la svolta grazie al coach Emilio Di Bacco».
Da Manoppello a Loreto Marche, in A2.
«Ero la seconda palleggiatrice, mi ero completamente calata nel nuovo ruolo. E l’anno successivo ho iniziato a giocare con maggiore frequenza con il Falconara, in B1».
Poi Sala Consilina, in A2.
«Siamo retrocessi, ma quella stagione mi è stata di grande insegnamento. Dalle delusioni si possono attingere dei lati positivi che in futuro ti tornano utili».
A Pesaro una nuova ripartenza, quella che le ha fatto spiccare il volo.
«Era il 2014 e abbiamo conquistato subito la promozione dalla B1 alla A2; l’anno successivo siamo state sconfitte nella semifinale play off con Monza che poi è salita in A1 e, infine, al terzo anno a Pesaro è arrivato il salto nell’olimpo della pallavolo italiana».
Nell’estate del 2017 il passaggio a Scandicci.
«Ho iniziato a fare la seconda in A1, dietro la Carlini, maturando una buona esperienza. Tra l’altro, avevo mia sorella Chiara a Firenze, quindi eravamo vicine e mi è stata di grosso aiuto. Anche perché ho giocato più di quanto sperassi».
La scorsa estate il passaggio al Brescia.
«E credo che le cose stiano andando molto bene».
Il volley coinvolge anche la sua vita sentimentale.
«Sì, sono fidanzata con Cesare Gradi, l’opposto di Catania in A2».
A 27 anni che tipo di palleggiatrice è?
«Io prediligo il gioco veloce, ma chiaramente bisogna adeguarsi anche alle caratteristiche degli attaccanti».
A 27 anni si sente appagata?
«No, ma sono strafiera del mio percorso. Non è facile emergere per una ragazza del centro-sud nella pallavolo. Basta vedere le squadre di serie A, sono tutte concentrate nel centro nord. Anche le bambine, come fanno a innamorarsi di questa disciplina sportiva se non hanno la possibilità di vederla dal vivo ai massimi livelli?».
Lei c’è riuscita.
«E posso affermare che conta la testa, fa la differenza. Ti permette di andare avanti anche quando tutto ti fa pensare al peggio. Non c’è stato un momento ben preciso in cui ho pensato: da grande farò la giocatrice di pallavolo. Il mio è stato un percorso di grande fatica. Ho lavorato sodo in palestra per arrivare fin qui».
La scorsa estate ha vestito anche la maglia azzurra.
«Sì, in occasione dei Giochi del Mediterraneo ed è stata una soddisfazione».
Quando non pensa alla pallavolo?
«Ci sono gli studi da terminare, Scienze Motorie per via telematica. Ho preso la maturità scientifica facendo i primi tre anni ad Avezzano e gli ultimi due a Foligno. Vorrei completare l’opera. Lo devo a me stessa e ai miei genitori».
@roccocoletti1.

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