dirty soccer

Di Nicola: ho sbagliato, ma l’ho fatto in buona fede

«Non sono il male del calcio, nemmeno un delinquente che vende partite»

La prima sera da uomo libero, lunedì, l'ha trascorsa addentando degli arrosticini. Poi, ieri mattina, è andato a comprare un telefonino. Che, poi, vai a vedere è una delle cause dei suoi guai. Ercole Di Nicola ieri pomeriggio è passato alla caserma dei carabinieri a Morro d'Oro per firmare; si tratta dell'unico, strascico _ al momento _ di tre mesi e mezzo di inferno tra la detenzione al carcere di Venezia e gli arresti domiciliari, a casa. Quello che viene ritenuto il regista delle combine della Lega Pro non ha perso il suo spirito battagliero e scanzonato. Ha voglia di combattere per affermare un principio: «Non sono io il male del calcio italiano». Finora ha sempre negato ogni contestazione, ma al Centro ammette: «Ho commesso degli errori. Ma non sono un delinquente, questo è poco ma sicuro». Parla, racconta e spiega, ma «è presto per un'intervista. Magari la prossima settimana, quando avrò riannodato i fili con la realtà». E allora quelle che seguono sono frasi estrapolate da un colloquio di 40' in cui è passato dall'aspetto familiare a quello calcistico, intramezzato da amare riflessioni. Una per tutte: «Ho voluto mettere le mani in pasto dappertutto, credendomi onnipotente. Di certo, sono andato a calpestare i piedi di qualcuno». E poi la figlia, «l'unica che ha tratto beneficio da questa vicenda, dal momento che ha avuto il papà tutto per sé».

E allora si parte dalla notte del 18 maggio trascorsa al casinò di Venezia. «Era la prima volta che ci andavo», racconta Ercole Di Nicola, «il giorno dopo mi sono svegliato con la polizia in camera. Ho avuto la fortuna di trovare un Gip, a Venezia, che si è letto1.400 pagine di ordinanza. E anche lei si è chiesta: "Ma dov'è l'associazione a delinquere?". Sono stato baciato da Dio, perché ho trovato un magistrato obiettivo che ha fatto il suo dovere, facendo cadere l'accusa più infamante. Ma ce lo vedete Ercole Di Nicola in un'associazione a delinquere? Ma stiamo scheranzando?».

E poi il processo sportivo. «Dovevano dare l'esempio con la Lega Pro. Colpire un direttore sportivo di provincia additato come il male del calcio. Volevo difendermi da uomo libero. Ma secondo voi potevo andare a Roma con il braccialetto elettronico? Potevo andare all'NH Hotel con il rischio che se parlavo con qualcuno mi risbattevano in carcere? E' stato un processo sommario. E vi raccomando la multa: 100mila euro. In Lega Pro un direttore sportivo quanti anni deve lavorare per guadagnare 100mila euro? Hanno stangato il poveretto di turno per farne il capro espiatorio».

E il Teramo? La partita Savona-Teramo? «Ne parleremo più avanti. Ma di certo posso assicurare che mancano molte intercettazioni in quella vicenda. E che non ci sono state scommesse su quella partita. L'altra certezza è che io non ho mai scommesso».

Dava informazioni. Dei suggerimenti a scommettitori stranieri. «Certo. E, infatti, mi sono meravigliato di non trovare anche le partite del Real Madrid, della Juventus e del Bayern Monaco tra quelle sotto inchiesta. Perché ho dato dei consigli anche sulle gare di Champions League. Se questo è un reato...». Non è finita. «Dal 17 ottobre scorso la legge dà la possibilità di intercettare i telefonini anche per la frode sportiva e dal 23 ottobre scorso mettono sotto osservazione la mia utenza. Undicimila telefonate e il "delinquente Di Nicola" partorisce un topolino. Possibile che combino le partite e le telefonate con i giocatori non vengono trascritte? E posso assicurare un'altra cosa: chi pensa di poter trovare chissà cosa nei messaggi WhatsApp, nei tablet o su Skype rimarrà deluso. Terribilmente deluso. Io in questa storia non ho messo un euro in tasca, quello che ho fatto è stato necessario per tappare i buchi degli altri».All'Aquila hanno scritto che lei ha lucrato sulla società e sulla città. «Non è assolutamente vero. Un giorno qualcuno mi dovrà spiegare che cosa avrei lucrato. I sette anni all'Aquila non possono essere cancellati da alcuni errori fatti a fin di bene».

Un pensiero va anche a chi è stato coinvolto nell'inchiesta Dirty Soccer, suo malgrado. «Marco Guidone (ex attaccante del Chieti, nell'ultima stagione in forza al Santarcangelo, ndr) si è fatto 18 giorni di carcere per aver parlato al telefono 35 secondi con il sottoscritto. Roba da pazzi. Mi hanno fatto passare per una persona che non sono. Questo lo sa chi mi conosce, ma chi non sa chi è Di Nicola si è fatto un'impressione sbagliata del sottoscritto». Certe frequentazioni, però… «Per carità, dire che non ho fatto niente sarebbe un'eresia. Ma ce lo vedete Ercole Di Nicola delinquente? Mi hanno accostato a gente che va in giro con la pistola, non scherziamo…».

@roccocoletti1

©RIPRODUZIONE RISERVATA